Era un
pomeriggio piovoso di febbraio. Io e Carlo stavamo andando a dare l'ultimo saluto al
nostro amico Maurizio che se n'era andato a causa di un'inesorabile malattia. Il nostro
amico era sempre stato un tipo un po' eccentrico, ma aveva il fiuto per gli affari, e
grazie ad alcune azzeccate speculazioni immobiliari aveva messo da parte una discreta
fortuna. Al successo negli affari però non era seguita la fortuna nella vita. Figlio
unico, aveva perso prematuramente i genitori e, dopo anni di incomprensioni e litigi, la
moglie Donatella, che non sopportava più le sue stramberie, lo aveva lasciato.
Da quel momento io e Carlo eravamo diventati la sua famiglia. Noi tre eravamo coetanei e
ci conoscevamo dai tempi della scuola e, forse per questo, ognuno di noi aveva imparato a
sopportare i difetti degli altri. Ora però Maurizio non c'era più e con nostra grande
sorpresa scoprimmo che, non avendo più parenti prossimi in vita, ci aveva lasciato tutto
quello che aveva. Trascorsa una settimana dalla cerimonia funebre il notaio, dopo averci
messo al corrente delle ultime volontà del nostro amico, ci consegnò una lettera
sigillata. La curiosità ci spinse ad aprirla subito. All'interno c'era una chiave e un
foglio scritto a mano; erano poche righe scritte in fretta con una grafia tremolante,
forse a causa della malattia.
Nella lettera Maurizio ci ringraziava per essergli stati
vicino e chiudeva con un Post Scriptum: "Visto che siete i miei migliori
amici, gli unici di cui mi sia sempre fidato, voglio rivelarvi dove ho seppellito il mio
tesoro; dovete cercare sotto la pianta di melograno nel giardino della mia casa di
campagna. Nella busta troverete la chiave dell'ingresso. Buona fortuna!". Nonostante
fossimo abituati alle bizzarrie del nostro amico, il contenuto della lettera e il tono
così freddo e sbrigativo ci lasciò un po' perplessi. In un primo momento pensammo fosse
l'ultimo scherzo con cui intendeva congedarsi, ma poi la cosa ci sembrò eccessiva anche
per uno come lui. Cominciammo così a fantasticare sulla natura del tesoro; Maurizio era
ricco e amava acquistare oggetti di valore, possedeva una preziosa collezione di orologi,
quadri costosi, mobili di antiquariato e tanti altri oggetti che avrebbero fatto la
felicità di molti collezionisti. Non riuscivamo però ad immaginare che cosa ci potesse
essere di così prezioso da doverlo occultare in un posto tanto strano. Il giorno
successivo ci recammo con pale e picconi alla casa di campagna. Sembravamo tornati bambini
e immaginavamo di essere i personaggi del romanzo di Robert Louis Stevenson.
Il giardino era molto grande, ma trovammo quasi subito l'unico melograno presente.
Cominciammo a scavare con entusiasmo, ma dopo due ore non avevamo trovato niente. L'idea
di essere stati buggerati ancora una volta da Maurizio cominciò a farsi largo nei nostri
pensieri, all'improvviso però Carlo cacciò un urlo: "Ecco! Qui c'è
qualcosa!". Sembrava un vecchio baule; facendo leva con i badili lo sollevammo
abbastanza da poter raggiungere le maniglie e senza eccessivo sforzo lo tirammo fuori.
L'emozione era forte; ma non eravamo certo preparati a quello che trovammo all'interno: un
mucchio di ossa ingiallite coperte dai brandelli di un vestito, quello che indossava
Donatella l'ultima volta che l'avevamo vista. Questo era stato veramente l'ultimo grande
inganno di Maurizio che aveva seppellito in giardino quello che, più di ogni altra cosa,
considerava "il suo Tesoro".