Due quinti (Versione 1.0)

Provate a restare ad occhi chiusi e aspettate che vi fracassino un bastone sui denti. Non è piacevole, vero? Vi confermo che non lo è. E lo è ancora meno quando il bastone non ti arriva sui denti, ma su un ginocchio, con una tale forza che lo fa piegare contro natura, con un rumore di ramo secco spezzato. Così apro gli occhi e la bocca, per urlare, e una bastonata mi prende in piena faccia, sibilando: mi spacca labbra e denti, e sento scendere in gola un pastone caldo e grumoso.
Vi chiederete perché ve la racconto così calma e rilassata. Beh, ovvio, perché sono morto!
Non so di preciso quando, a dire il vero. Ricordo la terza bastonata su quel che restava della mia bocca. Ricordo le unghie toccare il dorso della stessa mano. Ricordo anche il mio occhio sfondato da un’altra bastonata. Poi sono svenuto, credo... perché le pedate le ricordo sempre meno. So solo che non mi colpivano alla testa, perché non volevano sporcarsi le scarpe. Qualcuno mi ha anche schiacciato i coglioni sotto a un tacco, ma a quel punto ero già morto, perché lì ricordo tutto perfettamente e niente mi faceva male. Comunque, se vi interessa, è come schiacciare due uova sode, né più né meno.
Ora che sono morto sto qui, dentro al mio corpo. E pensare che da vivo credevo all’aldilà! Comunque vedo e sento tutto, eh. Quasi come prima; solo che è come se vedessi e sentissi attraverso la pelle. Diciamo che mi sono rimasti due sensi su cinque. Così sto qui, nella cella frigorifera dell’obitorio, con le viscere spappolate. Aspetto l’autopsia... i funerali... la sepoltura e continuo a pensare che per 2/5 sono vivo. Cazzo! Se potessi lo farei sapere a tutto il mondo che i cadaveri bisogna sempre cremarli!

Raffaele Serafini