Non fu in
grado di trattenere le lacrime, che, come gocce dacqua scendevano lentamente
percorrendo i lineamenti del suo volto, candendo a terra come pioggia.
Richiuse gli occhi, arricciando le sopracciglia, assumendo in volto una smorfia mista a
rabbia e dolore.
In quel breve istante una serie di pensieri affollarono la sua mente.
Ricordi... solo tanti ricordi.
Rimase così, in silenzio, con gli occhi chiusi e il capo riverso allindietro,
appoggiato allo schienale della sedia.
Solo lui, seduto su quella sedia malconcia, allinterno di quella mansarda semi
diroccata, le cui ragnatele e polvere sembravano abitarla.
Solo lui, accanto a quel letto, sul quale, avvolta da una coperta cera la sua unica
ragione di vita: sua mamma.
Erano lì da qualche giorno. Mirko aveva razziato qualsiasi cosa, pur di poter
sopravvivere un giorno di più.
Da qualche tempo usciva la mattina presto, prima che sorgesse il sole, oppure dopo il
tramonto. Il buio e la penombra in qualche modo lo proteggevano.
Il suo principale nemico, oltre quegli esseri era il pensiero, la ragione.
Non doveva pensare, doveva solo agire distinto.
Ogni giorno sua madre lo aspettava in ansia oltre quelle porte barricate da assi e
quantaltro potesse impedire a loro di entrare.
Il giovane aveva saccheggiato negozi, recuperando viveri, medicine e parecchie armi.
Era sempre andato tutto per il meglio.
Certo, aveva corso parecchi rischi, ma era sempre rientrato a casa sano e salvo.
Ormai era cresciuto. Nonostante i suoi undici anni aveva imparato a combattere e non solo
contro il nemico: ma contro la paura!
In solo venti giorni aveva perso il padre Angelo, la sorella Patrizia e suo fratello
gemello Davide.
Era rimasto soltanto lui e sua madre Angelica. Era diventato lui luomo di
casa.
Pensava a tutto lui.
Non avrebbe mai immaginato che il virus si potesse trasmettere anche attraverso la saliva
e il sangue degli animali.
Ed ora, si sentiva in colpa di aver portato proprio lui a casa quel cane.
Quel dannato cane! - pensava.
Da che quella bestiola aveva leccato le mani della mamma, la stessa si era sentita male,
mostrando i classici sintomi del virus: tosse, febbre altissima, spasmi muscolari, vomito
e cancrena degli arti.
Successivamente, in meno di quindici ore subentrava il coma... e poi... beh... poi sarebbe
successo la stessa cosa che aveva visto accadere a tutti gli altri.
Il cane, da quel giorno era steso in una pozza di sangue sul bordo delle scale. Sul suo
pelo ormai stavano facendo festa larve e insetti vari.
In quella stanza una pallida luce filtrava attraverso la finestra posta sul tetto, e una
leggera illuminazione rischiarava lambiente.
In quel silenzio avvertì un leggero fruscio, come se il lenzuolo del letto accanto a lui
fosse stato sollevato.
Prima di riaprire gli occhi si passò una mano sui capelli, poi, si alzò di scatto.
Dopo un profondo sospiro li riaprì e fissò il letto.
Il lenzuolo bianco si muoveva lentamente. Sotto di esso il corpo di Angelica.
Mirko si avvicinò di qualche passo e afferrò tra le dita la coperta bianca e la
sollevò.
Si portò le dita della mano destra allaltezza della bocca e le baciò, poi,
lentamente avvicinò la mano sino sfiorare la fronte di sua madre.
Era il suo ultimo bacio, prima di dirle addio per lultima volta.
Angelica, con due occhi bianchi, senza la minima presenza di pupille o una minima
colorazione delliride sembrava fissare suo figlio. Uno sguardo spento, gelido, privo
di ogni essenza vitale.
Con una mano la donna afferrò il polso del figlio, prima che lo stesso riuscisse a
ritrarlo.
Un rombo riecheggiò in quella stanza, accompagnato allunisono di unaccecante
fiammata.
Un bossolo rimbalzò più volte sul parquet, mentre dalla canna della pistola fuoriusciva
come un fantasma un leggero fumo innalzandosi verso il soffitto.
Davide cadde tra le braccia di sua madre, mentre la stessa iniziava a morderlo sulle
braccia cibandosi delle sue carni.
Gli occhi del ragazzo erano spalancati. Fissi. Immobili.
Poco sopra lorecchio sinistro, invece, cera un sottile buco scuro, dal quale
colava una vasta quantità di sangue che andava a permeare le candide lenzuola.
Non aveva avuto il coraggio di piantare un colpo in testa a sua madre.
Aveva pensato, e questo lo aveva tradito! La ragione lo aveva annientato!
O forse no... no, forse aveva deciso proprio così. Del resto, mentre Angelica se ne stava
cibando, sulle labbra del ragazzo era apparso un sorriso: lultimo.