Liberi all'alba

La fortezza di Alcatraz, famigerato carcere militare e poi federale di massima sicurezza, chiuso nel ’63, oggi aperta ai turisti che dal molo 41 di Frisco sbarcano sull’isola, ospita da tempo, in un’ala dei suoi sotterranei nascosta al pubblico, un laboratorio di ricerche mediche dell’esercito, che ha continuato ad operare in totale segretezza e autonomia persino durante l’occupazione degli attivisti Sioux alla fine degli anni sessanta. Ma essendo quasi l’alba i dieci uomini non incontrarono molta attività nei corridoi nella loro marcia silenziosa. Oltrepassarono spesse porte a vetri dietro cui si intravedevano sale di terapia intensiva, nelle quali, oltre al medico che monitorava le figure intubate sui lettini, vi era piantone sia interno che esterno (quest’ultimo si scostava salutandoli sull’attenti). I dormitori dei soldati avevano invece due guardie all’ingresso. Si intravedevano anche, dietro porte a vetro chiuse a chiave e doppia catena, i tavoli mortuari coperti. Poco oltre, azionato un comando elettronico che faceva scorrere un falso muro, entrarono nei sotterranei “aperti al pubblico”, e da lì, alla prigione vera e propria.

Cinque uomini attendevano nel cortile della prigione. Quattro erano la scorta armata che avrebbe portato i cadetti al furgone all’esterno e da lì all’imbarco. Il quinto passeggiava impettito avanti e indietro. Era il sergente maggiore Gregg, nato Grigorij Aykroyd, di padre ungherese (già collaboratore del reich, poi rifugiato politico), eroe del Vietnam, poi consulente tattico in Nicaragua e nella prima guerra irachena, nonché istruttore in svariati corpi speciali. Aspettava lì perché a quell’ora non c’erano turisti ed altri seccatori sull’isola, e dopo tanto tempo passato insieme in quegli angusti sotterranei voleva dare l’ultimo saluto ai suoi ragazzi nell’aria del mattino ed alla luce del sole. Finalmente, dieci sagome in uniforme apparvero nelle incerte tenebre delle sei di mattina e scattarono sull’attenti nel saluto al maggiore.
Il capo della scorta si chiamava O’Barry, ed era stato a suo tempo autista personale del maggiore. Nutriva ammirazione per il vecchio soldato: il viso e il corpo, sebbene smagriti dall’età, trasmettevano ancora forza e vigore nonostante l’incarnato esangue, e i capelli, una volta biondi, ora candidi. La voce era meno squillante di una volta, più cavernosa, ma risuonò forte spazzando l’aria nel cortile quando si rivolse al plotone in silenziosa attesa.
- Soldati! - fece una piccola pausa ad effetto, guardando i volti di cera uno ad uno. Essi erano assolutamente immobili, solo un impaziente roteare degli occhi indicava la loro eccitazione. - Per la vostra partenza non vi saranno cerimonie ufficiali, anzi andrete via non visti nel primo mattino, ma meglio così. Sarà un momento tutto vostro, perché vostro è tutto il merito, con un mio modesto contributo, naturalmente. Voi, per così dire, in quest’alba rinascete tra gli uomini.
- Da almeno due secoli l’umanità è divisa sulla pena di morte: chi pensa che sia un rimedio adatto, e chi pensa che come punizione sia troppo. Io - stirò le labbra in un tentativo di sorriso - appartengo alla terza scuola: chi pensa che sia troppo poco. Anche noi, come i contrari alla pena capitale, pensiamo che sia inutile punire qualcuno senza fargli rimediare davvero ai danni che ha creato. Ma una volta tanto i cervelloni hanno fatto una gran cosa, scoprendo il siero che risveglia i morti. Così adesso i pendagli da forca come voi, una volta giustiziati, se non hanno parenti che li reclamano, vengono inseriti nel nostro programma di rieducazione, e così, oltre a risarcire lo stato per i loro crimini, fanno “vera” riabilitazione.
- Già. Se aveste memoria della vita precedente, ricordereste qualche stupido film fatto da depravati mezze seghe di sinistra, in cui i morti tornano in vita come smidollati con cui non si può ragionare, interessati solo a sbranare carne umana. Beh, magari sareste stati così dopo vent’anni di cella di isolamento ad Alcatraz, ai suoi tempi d’oro. In realtà, appena rinati non avete interesse né a sbranare la gente, né ad altre attività. Ricordate, se va bene, qualche parola smozzicata. Con una buona terapia psichiatrica potete arrivare a ricordare quasi tutto, ma in pratica appena risvegliati siete come computer su cui si è fatta tabula rasa dei dati precedenti. Ma con le nostre conoscenze di psicologia e pedagogia, non c’è limite a ciò che possiamo insegnarvi a fare, se il cervello è integro.
Adesso l’alba sorgeva, illuminando le loro teste rasate. Ma il tepore che avrebbero dovuto sentire non arrivava loro.
- Non manifestate spontaneamente una particolare aggressività al risveglio. Ma possiamo insegnarvela, e siamo facilitati con individui come voi, che già in vita hanno ucciso, che sia per motivi nobili, futili o abbietti.
- Non fate quelle facce! In vita avete ucciso, ed in qualche modo siete venuti a patti con la vostra coscienza. Ora lo farete di nuovo, ma per la causa del paese! E avrete in cambio onori e medaglie anziché l’iniezione letale.
I morti fissavano alcuni gabbiani che, appollaiati sulle alte mura del cortile, osservavano la scena. Ad un certo punto, disturbati dalla voce stentorea del maggiore, spiccarono il volo. Scomparvero alla vista.
- Tempi estremi richiedono soluzioni estreme. La guerra globale, che potrebbe essere imminente, dovrà essere combattuta da soldati che non soffrano per le ustioni da radiazioni, non siano soffocati dal gas nervino, non soccombano all’antrace. Né alla fame, al freddo o alla paura.
- Già altri piccoli plotoni come questo sono partiti da qui, dopo essere stati preparati dai medici che si occupano della vostra rinascita, vi iniettano il vostro nuovo sangue, seguendovi continuamente e mantenendovi in perfetta efficienza, e da me. In un certo senso per voi io sono un padre, anzi di più, perché prima di vedervi nascere vi ho visto morire.
- Si conclude oggi il primo stadio del vostro cammino: riabilitazione psico-motoria e addestramento base, che avete superato brillantemente con ottima condotta. Ora raggiungerete la base operativa di assegnazione, in cui proseguirete l’addestramento avanzato in tecniche di guerriglia e missioni di vario tipo...- Al maggiore sembrò di sentire una voce lontana mormorare parole incomprensibili. Girandosi vide accorrere concitato il tenente Kane che gesticolava, si rese conto che stava gridando. Cercò di leggere le labbra (perché non aveva voluto confessare a nessuno di essere diventato quasi completamente sordo): riuscì a cogliere le parole “armeria” e “rubate”. Volgendo lo sguardo alle sue reclute, vide i morti come per magia estrarre le pistole da sotto le maniche e impugnarle saldamente con una sincronia da orologio svizzero.
L’aria si cristallizzò nello scambio di sguardi tra il maggiore e dieci paia di occhi morti. Alla scorta non passò neanche per il cervello di sparare in testa a quei morti super addestrati: erano occupati a mormorare preghiere.
Il maggiore parlò, il volto scuro e impenetrabile come un muro di ardesia, ma lo sguardo triste di un Cesare pugnalato.
- OK. Fatelo in fretta, e fatelo bene, branco di froci.

 

Dieci marionette diafane sbattono tutte insieme i tacchi in una parodia di saluto militare.
Dieci pistole latrano simultanee, come un boato di risate di scherno.
Dieci teste fioriscono di materia cerebrale e fluido di conservazione alla luce del primo sole.

 

Poi ci fu solo l’odore acre del fumo, il tonfo della carne morta che si accasciava al suolo, i conati di vomito degli uomini della scorta.
Il maggiore ristette un momento immobile, con gli occhi che roteavano, quindi si avventò con furia prendendo a calci i corpi, spezzando costole e schiacciando volti con tanta foga da far scricchiolare le vecchie ginocchia.
In quella O’Barry lo guardò e vomitò di nuovo, tra i borbottii sorpresi degli altri.
- Una pallottola deviata in uscita, senza dubbio...
- Tranciato di netto...
- A volerlo fare apposta, un tiro così...
Il maggiore si accorse delle macchie sul davanti dell’uniforme. Afferrò O’Barry e si osservò nelle lenti a specchio larghe sul viso congestionato e tremante, per capire da dove fuoriuscisse il liquido.
Non era sangue, ma una miscela di formaldeide, glicerina e collagene sintetico.
Dopo un momento, tornò accanto ai corpi più incazzato di prima.
- In culo alle madri di tutti i disertori. - Mormorò, mentre si chinava per cercare il suo naso.

Vincenzo Barone Lumaga