Era forse
un rumore? No, probabilmente non era nulla. Ma ormai gli occhi sono aperti.
Fastidioso e pigro, il caldo vento notturno entra a fatica dalla finestra, si spinge come
un serpente in agonia fino alla stanza di fianco, lasciando dietro di sé strascichi di un
refrigerio soltanto illusorio. Le lenzuola sono come tralci di piante rampicanti avide di
linfa, che si attorcigliano attorno alle gambe, il cuscino è un appoggio sempre troppo
caldo.
I piedi poggiano sul pavimento, grati per l'improvvisa sensazione di fresco e tastano con
cautela la superficie liscia, seguendo un percorso ormai noto. Le scale di marmo, il
piccolo studio avvolto nell'oscurità, tutto urla silenzio, ogni cosa reclama riposo. Ma
la quiete di questa notte è falsa, ingannevole. La sedia è più scomoda del solito,
eppure fino a un'ora fa era un giaciglio quasi più accogliente del letto. Ora è soltanto
un appoggio forzato per un corpo che non vorrebbe fermarsi, allentare il ritmo del
metabolismo convulso di una serata disarmonica. Gli occhi non vogliono affrontare la luce,
ma una luminosità evanescente irradia nella stanza e lo sguardo si tuffa in quel portale
spalancato, un varco verso il nulla. Altro silenzio, altro contorcimento dell'anima.
Di nuovo quel rumore. Mani compongono parole spezzate, occhi seguono i caratteri, piccoli
esseri senza vita costretti a fare bella mostra di sé. Niente privacy per loro, nessun
quinto emendamento.
Di nuovo quel rumore. La musica comincia ad inondare l'aria satura di umidità e di
stanchezza, la mente la percepisce lontana, ovattata, mentre un dolore sordo e insistente
comincia a farsi strada, monito per ogni minuto di sonno perso.
Di nuovo quel rumore. E un movimento. Le ombre della stanza danzano lente, vibrando alle
note dolenti che cercano una via attraverso i pensieri. Sembrano diluirsi, per poi
addensarsi di nuovo, in forme note solo all'inconscio. Piccoli tentacoli di tenebra che si
insinuano sibilanti tra le dita, risalgono lungo le braccia, accarezzano le spalle, si
intrecciano attorno al collo. Allora il rumore non era uno scherzo della mente sfiancata,
non era un gemito della brezza calda e strisciante. Eri tu. Tu che sei rimasto ad
osservare fino ad ora, nascosto nella tua stessa trama d'ombra. Eri inatteso, la tua
venuta non era annunciata. I tuoi piccoli tentacoli approfittano della sorpresa, si
contorcono in un un'orgia di oscurità densa come l'aria che non riesce più ad entrare
nei polmoni. Abbracciano il collo in una morsa decisa, pronti a compiere ciò per cui si
sono spinti sino al cospetto della luce.
Ed ecco, la notte non trasuda più il suo umido secreto, il gelo si è sostituito al velo
di sudore che ricopriva il corpo, pungendo la pelle, provocando tremuli brividi. Il corpo
si contrae in una convulsione, ma quando infine l'amante oscuro lascia che il suo
abbraccio asfissiante diventi una dolce carezza, le membra trovano finalmente,
irrimediabilmente, riposo.