Che succede Vittorio?

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

E' parecchio confuso, il maresciallo Vittorio. Insomma, sta scappando, ha il fiatone, un ginocchio dolorante, e i pantaloni troppo larghi che minacciano di cadere. Il brutto è... che non capisce. Cosa gli succede?

 

Prima c’è il sindaco, agitatissimo, che lo sveglia telefonandogli, allarmandolo del fatto che è successo qualcosa di strano alle Pompe Funebri di Agostino.
“Venga subito! La situazione sembra grave. Gravissima!
Neanche il tempo di stiracchiarsi, che bussano alla porta dell’ufficio. Toh, è Bernardo il barista, il carissimo amico di Agostino. Ha le guance rosse, come sempre. Di inconsueto c’è il sangue che gli insozza la camicia e quella curiosa spranga che tiene in mano.
“Ce l’aveva, prima. La testa, dico,” esordisce Bernardo, ansimante. “Ma quando gliel’ho staccata, misericordia!, quello si muoveva ancora. Agostino, accidenti a te!”
Gli spiega quindi che tutto quadrerebbe, perché, a quanto pare, nelle bare del becchino ci sarebbero degli ospiti che dovrebbero riposare al cimitero, e invece al camposanto non sono affatto. E soprattutto non riposano.

“Sa,” continua, “dicono che rubi loro i vestiti.”
“Ai morti?”
“Per quello li tiene lì da lui. Quel delinquente! E gli offrivo pure il caffè!”
Poi ecco che un cellulare squilla impaziente. É addirittura Agostino in persona che invoca l’aiuto della giustizia per risolvere un problemino nel suo ‘negozio’.
“Ritornano!” urla.
“Chi?”
“I morti! Chi altro potrebbe qui da me?”
Vittorio si precipita quindi in soccorso, ma non immagina che il poco legale lavoro di Agostino c’entra davvero poco. E non afferra che è troppo tardi -miseriaccia!- e che tutte quelle persone che gli vengono incontro, con le braccia protese e le facce da pasci lessi, non sono confuse ed in cerca di aiuto...

 

Adesso capisce... Diamine, è così semplice! Ed è inutile correre, meglio mettersi a mangiare. Già, è ora che inizi a fare il morto.

Simone Corà