Arrivai
alla villa gotica dietro la necropoli al tramonto; intorno soltanto melma. Picchiai al
portone di ferro battuto.
- Madam Isabelle, la stavamo aspettando. - mi accolse lo scheletrico domestico in saio
nero.
Lo seguii nellenorme salone: pareti rosse, mattonelle di marmo scuro, mobili
nascosti da lenzuola candide schizzate di rosso.
- Abbiamo tinteggiato le pareti. - mi spiegò il servitore irritato dal mio sguardo
curioso.
- Mister Mortimer lattende al piano di sotto. Sente il suono del suo violino? Stia
attenta a non cadere lungo la scalinata. - mi raccomandò linquietante individuo
sulla porticina aperta del seminterrato, sparendo nellattimo in cui scrutai nella
semioscurità della gradinata delineata da ceri funebri. Scesi nella sala da pranzo piena
di candelabri. Mortimer mi salutò in tutto il suo pallore stringendomi le mani tra dita
ghiacciate. Ci accomodammo al tavolo debano.
- Sono qui per pregarti di sottoporti alle analisi: nostra figlia Emma ha la leucemia; se
tu fossi compatibile... - gli dissi piangendo. Mortimer mi porse il suo purpureo
fazzoletto: lo gettai via urlando di ribrezzo, era zeppo danimosi bianchicci vermi.
Il servo sbucò dalla cucina con due ciotole. Mortimer arrabbiato gli gridò: - Zaro, sei
un idiota! Quante volte devo raccomandarti di non portare il bucato al cimitero? - poi
rivolto a me: - Perdona linconveniente, Isabelle. Assaggia la zuppa di Zaro. - La
brodaglia era slavata e di sapore dolciastro stomachevole.
- Farai le analisi per Emma? - gli chiesi speranzosa.
- Non posso. - reagì impassibile.
Ad un tratto una grossa falena marrone svolazzò nella stanza: Mortimer, nello slancio di
scacciarla si batté lorecchio destro che si staccò cadendogli nella scodella.
Svenni.
Qualche sera più tardi fu festa alla villa e tutti i cadaveri ambulanti accorsi si
congratularono con il terribile cuoco Zaro: - Squisito questo paté dIsabelle! -