Quando,
dopo secoli di vago peregrinare tra desolate pianure prive di vita, il suo corso
ricongiunse finalmente le acque a quelle della Dea madre Oceano, lo Spirito del Fiume si
destò dal lungo sonno della non esistenza.
Enorme era la distanza che separava il monte dove nascevano le sue acque dal punto di
congiungimento col grande mare, vaste erano le terre che bagnava, ma la vita in esse era
quasi del tutto assente: poche ed esanimi le piante che affondavano le radici nel terreno
nei pressi del suo letto, rari gli animali che si abbeveravano sulle sue sponde per
perpetrare la loro seppur limitata esistenza. Questi ultimi in particolare destavano il
suo interesse; la loro essenza vitale era così aliena dalla sua da risultargli quasi
impossibile comprenderla: bruciava rapida, ma sfolgorante e intensa.
Un giorno però percepì la presenza di una creatura diversa. Il suo corpo era di carne
come quello degli altri animali, ma a differenza di questi sembrava privo di
unanima. Provò orrore per essa, frammisto a grande pietà per le sofferenze che
provava. Dopo la prima, a centinaia giunsero a soddisfare la loro dissennata fame,
nutrendosi delle carni degli animali che si fermavano ad abbeverarsi. Esauriti questi
ultimi, iniziarono a cibarsi dei loro stessi simili, portando avanti le loro insane
esistenze in corpi corrotti e putrescenti, insozzando le sue acque limpide con le loro
carcasse marcescenti ma ancora frementi di quella fame insaziabile, loro anima.
Infine ne rimase solo una, orrendamente mutilata, a trascinarsi con lunico arto
rimastole verso le sue acque alla ricerca di una improbabile salvezza. Il suo volto
disfatto si specchiò, nei suoi occhi vuoti balenò una ritrovata consapevolezza: atroce
fu il grido che emise prima che la sua testa cadesse nella corrente dove continuò a
urlare silenziosa e inascoltata per ere interminabili.