Freddy era
un tipo tranquillo, amante della musica e delle auto. Era il 20 settembre 1987, Freddy
stava tornando a casa in auto dal bar dove, insieme ai suoi amici, aveva festeggiato il
trentasettesimo compleanno.
Pioveva, la strada era deserta, da tempo non si vedeva un temporale così spaventoso. Da
lontano due fari di camion si avvicinavano sempre più velocemente. Il mezzo viaggiava
sulla sua corsia. Allimprovviso, a poco meno di cinque metri dallauto, cambiò
direzione.
Spiazzato, Freddy non riuscì ad evitare lo scontro. Fu sbalzato fuori dal parabrezza,
finendo in mezzo alla strada. Il suo cuore si fermò... Il camion riprese la sua pazza
corsa senza indugio lasciando il corpo fradicio di Freddy disteso supino
sullasfalto.
Allimprovviso diversi fulmini scesero dal cielo colpendo il suo corpo.
Inaspettatamente Freddy alzò un braccio. Era tornato in vita se così si può dire. Le
scosse avevano funzionato da defibrillatore. I suoi occhi guardavano, fissi, un luogo
indefinito allorizzonte. Nella sua testa solo due ricordi sembravano essere
resuscitati con lui: la targa del mezzo e il volto dellautista. Era sicuro: non si
era trattato di un incidente. Si mise allora in cammino verso la città. Ci arrivò in
poche ore e si mise alla ricerca del camion. Trovatolo aspettò il proprietario. Dopo tre
lunghe ore di attesa lo vide arrivare. Si posizionò sul retro del mezzo aspettando il
momento ideale per agire. Quando arrivò piombò sullautista. Con una furia
spaventosa lo scaraventò fuori dal camion, ne prese il controllo e lo schiacciò come un
verme.
Un altro fulmine, il settimo, colpì Freddy che si accasciò senza vita sul sedile. La
morte talvolta gioca a nascondersi, ma certo non dimentica di portare a termine ciò che
ha iniziato.
Mi chiamo Christopher Franzini e frequento la classe terza della scuola media di Medole (MN).