In
principio pensavo fosse il gatto.
Ma poi ho dovuto ricredermi.
Sentivo masticare, mordicchiare. Non era vero dolore quello che avvertivo, ma piuttosto
una sensazione intensa di fastidio. Piccoli denti affilati, che però non affondavano
nella carne.
Succedeva sempre nel dormiveglia, e così non mi rendevo bene conto. Poi lho visto
passare accanto al letto.
Ricordo ancora il tuffo al cuore ed il senso di gelo che è seguito subito dopo.
Sono rimasta immobile, ponderando la situazione. Cera qualcuno in fondo al letto, e
non era il mio gatto. Cera qualcuno che mi rosicchiava i piedi.
Non ho guardato subito, perché poi la luce del giorno e il suono della sveglia lo hanno
fatto smettere.
Mi ci sono voluti giorni e giorni. Vedevo il bozzo sotto il piumone, ma non avevo il
coraggio di sollevare le coperte.
Alla fine mi sono fatta forza.
Erano in due.
Erano orribili. Uno era un volto senza occhi, tondo e con una boccaccia carnosa piena di
denti aguzzi. Gli unici arti di cui era in possesso erano due mani umane attaccate
direttamente alla gola. Laltro, il suo compare, era un grosso ragno con una
testolina duomo grossa come una palla da tennis e ricoperta di scaglie di pesce
argentate. Le sue zampe erano lunghe e filiformi, i suoi occhi neri e profondi. Quando i
nostri sguardi si sono incrociati, mi ha guardato torvo e carico dodio.
Non so perché ce lhanno tanto con me. Non so come fare a farli smettere, e quando
mi alzo, i miei piedi e le mie caviglie sono pieni di graffi.
Ultimamente ho la sensazione che le giornate siano sempre più brevi, e le notti sempre
più lunghe. E so che loro non hanno fretta, poiché arriverà la lunga notte infinita in
cui mi sbraneranno fino allosso.