Frankenstnam

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

L'ombra gli aveva detto di farlo e lui l’aveva ascoltata.
Ma questo era successo dopo.
Prima, precedute da un ululato di morte, mille mosche gli erano uscite dagli occhi e per un po’ non aveva visto e saputo più nulla.
Nella giungla un lampo si era acceso improvviso e in un istante tutto intorno a lui era scomparso, lasciando il posto ad una buca piena di sangue.
Dopo l’esplosione, erba e sabbia avevano continuato a cadere e a cadere e a cadere, mescolate alla pioggia fredda che sapeva d’estrema unzione.
Poi la notte era scesa, come un drappo pietoso, a coprire l’orrore.
All’alba, lasciato il calor bianco in cui era caduto, aveva visto i corpi dei suoi compagni sparsi a pezzi un po’ dappertutto.
Vivo non c’era rimasto nessuno, tranne lui. E i mille folletti gialli che urlavano, nascosti nella foresta che lo imprigionava.
Aveva una gamba spezzata appena sotto il ginocchio. Non sarebbe andato da nessuna parte.

E la febbre lo aveva avvolto nella sua ragnatela.
E furono giorni e notti di pioggia e fuoco.
E l’ombra lo aveva chiamato e gli aveva detto che i suoi non sarebbero mai venuti a prenderlo.
Allora era strisciato nel fango, ascoltando la morte che lo incitava a costruirsi un compagno. Si era trascinato fino al più grosso pezzo di carne umana che restava della sua pattuglia e si era dato da fare con ago e filo. Aveva cominciato con il cucire al torso smembrato del tenente medico un braccio trovato poco distante.
Poi a quel corpo aveva aggiunto una gamba.
E un'altra ancora.
Non più solo, aveva quindi abbracciato la sua creatura che adesso viveva respirando ombra di morte ed era rimasto a guardare, ridendo e piangendo, il cielo acceso e gli elicotteri che vomitavano napalm sulla foresta...

Francesco Cortonesi