Prova d'amore

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

- Cosa fanno? - mi chiede Anna.
- Aspettano.
Fuori, i malati sono fermi. Li vedo attraverso la finestrella, hanno le bocche spalancate. Le loro braccia scheletriche sono tese nella nostra direzione. Grondano sangue.
Dentro il capanno c’è solo qualche attrezzo e scatoloni vuoti. Ho gettato la pistola in mezzo alla stanza. L’ho trovata due chilometri fa, dentro una volante, accanto al corpo maciullato di un poliziotto. È rimasto un colpo solo nel caricatore. Inutile.
- Non voglio morire! - mi dice.
Corro da lei e l’abbraccio. Le avevo promesso una vita dignitosa, lontana dalla povertà e dalla merda che aveva sempre dovuto ingoiare. Invece, ora posso solo stringere il suo corpo squassato dal pianto.
Alla TV avevano detto che tutto inizia con una specie di voglia color caffè. Ti compare addosso e dopo qualche ora mangi la gente. Non si sa da dove è sbucato il morbo, né come ha fatto a contagiare il primo uomo. Si trasmette con il morso dei malati, ma quattro giorni fa, mentre fuggivamo per un paese abbandonato, ho sentito la voce di una radio venire da dietro una finestra: affermava che il germe poteva sopravvivere nell’aria.
Voglio perdermi negli occhi verdi di Anna, sulle sue labbra meravigliose.

Sotto il mento.
- Non posso vivere senza di te - mi sussurra con uno sguardo triste.
Voglio piangere. Tuffo il viso nei suoi capelli, ci baciamo fino a perdere il fiato. Vorrei morire in questo istante, ma non succede. Cerco di reprimere il dolore e riesumo un sorriso.
- Neppure io - rispondo, alla fine.
Torno a controllare la situazione attraverso la finestrella, poi mi lascio cadere nell’angolo opposto.
Distrutto.
Anna è rannicchiata, osserva in silenzio la mia guancia destra. Entrambi abbassiamo lo sguardo sulla pistola.
Un colpo solo.
È la prova d’amore più difficile.

Stefano Valbonesi