Ossa

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Il poliziotto scende dall’auto di servizio e si avvicina al veicolo che ha fatto fermare per via della forte velocità. Al volante c’è un tipo che nessuno vorrebbe incrociare in un vicolo buio. Indossa una maglietta nera e jeans sporchi di terra. Ha occhi scuri e spiritati che brillano di una luce malsana in mezzo a un volto scarno. Sorride sornione mentre abbassa il finestrino. La radio trasmette le usuali macabre notizie: due vicini di casa si sono presi a fucilate.
Il poliziotto ha già in mano il blocchetto delle contravvenzioni. “Patente e libretto di circolaz...” le parole gli muoiono in gola. Sul sedile del passeggero c’è un teschio umano e altre ossa.
“Sono per la mia messa nera”, dice il ragazzo sogghignando.
“A me sembra più vilipendio di cadavere”, ribatte il poliziotto. “Scendi dall’auto.”

Il ragazzo obbedisce senza mostrare alcun timore. Dalla radio arriva un’altra notizia: un neonato morto è stato trovato in un cassonetto dei rifiuti. “Sto cercando di evocare Satana”, dice il ragazzo sempre ghignando.
“Interessante”, dice l’agente. “Be’, sai una cosa? Ti accontento subito.”
Il ragazzo smette di sorridere. La mostruosa creatura che ha preso il posto del poliziotto spalanca le sue enormi ali nere, solleva il capo e le due corna, allarga le braccia muscolose che terminano con cinque lunghi artigli e batte con vigore gli zoccoli sull’asfalto. I suoi occhi neroblu sono striati di verde e pieni di una malvagità senza fine.
Il ragazzo urla terrorizzato e cerca di rientrare in macchina. Sente la radio che trasmette un’altra notizia: un uomo ha ucciso la moglie e i suoi due bambini.
Prima che la testa gli venga staccata dal collo, ha il tempo di udire la voce cupa della creatura che dice: “Senti la radio? Non c’è bisogno di evocarmi. Io sono sempre qui.”

Laura Cherri