Il racconto della creatura

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Può darsi che scrivere questa storia mi aiuti a liberarmi almeno in parte delle ossessioni che mi ha portato, anche se temo non sarà così.
Affatto.
Mi venne raccontata una sera di novembre da un uomo incontrato in un bar. Non so perché attaccò bottone, forse aveva notato pure lui la nostra strana somiglianza, come fossimo copie distorte l'uno dell'altro.

Fuori faceva freddo, uno di quei freddi che non solo ti pungono la pelle ma colpiscono allo stomaco, stavo mettendomi a letto quando la vidi. La creatura stava tra me e la finestra chiusa, mi guardava. Non so come feci a capirlo, non avevo mai visto niente del genere: più piccola di un uomo, la pelle grigiastra e lunghe braccia che terminavano in dita sottili. Ma non fu questo a spaventarmi.
Furono gli occhi.

Sul volto privo di lineamenti aveva due orbite nere, vuote, qualcosa di impossibile. A guardare quegli occhi mi pareva di essere cieco. Non esiste, non può esistere un paio d'occhi così. Quegli occhi mi stavano guardando, lo sentivo, lo sapevo. Poi la creatura parlò.
La sua voce era l'esplosione di un universo di ghiaccio e vetro.
Disse: "Vieni, adesso devi vederlo".
Non so come mi ritrovai in un'altra stanza, la finestra però era aperta e lasciava entrare il gelo. Ad un metro da me, seduto ad un tavolino contro al muro, stava un uomo. Mi voltava le spalle e non si accorse della mia presenza. Non poteva essere un sogno, un sogno non può essere così reale ed irreale allo stesso tempo. Stava scrivendo su un quaderno, prima di svenire riuscii a leggere le prime righe da sopra la spalla: può darsi che scrivere questa storia mi aiuti a liberarmi almeno in parte delle ossessioni che mi ha portato, anche se temo non sarà così.
Affatto.

Francesco Vico