Jerry

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2005 - edizione 4

Uscito di prigione, il vecchio rottame tornò nella sua casa. Non aveva altro posto dove andare, e non la vedeva da quella notte maledetta. Aveva vent’anni allora, beveva e era sposato da poco. Lei era incinta del maschio che nonostante tutto desiderava tanto, voleva chiamarlo Jerry come lui. Ubriaco, l’aveva massacrata di botte facendola abortire, accoltellando poi un vicino venuto in aiuto. S’era fatto trent’anni.
In carcere seppe che la moglie era rimasta un po’ tocca. Non ricordava nulla di quella notte, scriveva descrivendogli il figlio mai nato che cresceva. Sapeva che era vissuta di espedienti, non aveva parenti vivi e non si era mai risposata. Era morta da poco, in solitudine, ma fino all’ultimo gli aveva mandato lettere.
Il portone era aperto, la serratura dell’appartamento era sempre quella. Potè entrare usando le chiavi restituitegli uscendo dal carcere.

Fu scioccante trovare tutto quasi come lo ricordava, persino la vecchia foto di lui e sua moglie. Un salto nel tempo. Solo le cose distrutte in quella notte di violenza non c’erano più. Ripresosi, iniziò a frugare in soggiorno, mentre la luce del sole si affievoliva.
Aveva già trovato un po’ di cianfrusaglie da vendere per arrangiarsi, quando sentì dei rumori in bagno. Silenzioso, impugnando una bottiglia, si accostò alla porta. Quando questa si aprì lasciando avanzare una figura scura, aggredì l’intruso menando un colpo all’altezza della testa.
Fu come colpire l’aria, poi una stretta micidiale gli torse il braccio dolorosamente e fu scaraventato sul cassettone che stava saccheggiando.
Cadendo, si girò sulla schiena e potè vedere il suo avversario nella penombra del tramonto.
Alto, robusto, la sua copia vent’anni più giovane. Ma sembrava avviluppato da una patina di notte profonda, era come buio solido che lo fissava con occhi felini, gialli e lampeggianti.
-Ti ho aspettato tanto - mormorò Jerry.

Vincenzo Barone Lumaga