Le
convulsioni scuotevano l'uomo sull'altare nero mentre la sagoma enorme dello sconosciuto
tentava di aprirgli la bocca. Era epilessia. In quei casi, inghiottire la propria lingua
può portare soffocamento.
Lo sconosciuto grugnì spalancando a fatica le mandibole dell'altro. Ne estrasse la lingua
gonfia con foga. Troppa. Si strappò restandogli tra le dita adunche. L'uomo fece un
guaito altissimo e svenne annegando nel sangue.
Niente da fare.
Lo sconosciuto guardò i resti del Grande Iniziato con disgusto e rabbia.
Un altro cialtrone, si disse. Questo aveva i libri giusti, gli strumenti corretti, il
linguaggio, ma era bastato apparirgli in piena luce perché impazzisse come tutti gli
altri. Squallido pagliaccio.
Dopo una trattativa durata ore, stando sempre bene attento a discutere senza mai uscire da
un angolo in ombra, lo sconosciuto aveva quasi confidato in lui.
Cosa cercava in fin dei conti? Magia evocativa, roba da dilettanti. Trovarne, però, in
quel mondo degenerato. Non ce n'erano più. Esistevano solo mistificatori, negromanti
fasulli, maghi avidi di soldi.
Lo sconosciuto scavalcò il corpo riverso leccandosi distrattamente le unghie.
Sbagliava. In effetti, uno l'aveva incontrato.
Quel vecchio stregone era stato il primo a vederlo e restare ucciso per la paura. Eppure
con degli incantesimi da quattro soldi ce l'aveva fatta a chiamarlo, sottraendolo ai suoi
compiti eterni.
Lord Behemot si affacciò alla finestra del grattacielo per guardare la strada e i tetti
sottostanti.
C'era fumo, follia e dolore laggiù, ma non somigliava affatto a casa sua. Sentiva la
lontananza delle sue legioni, dei fuochi. La solitudine.
Con i tre occhi chiusi e il respiro che sibilava rovente dalle branchie, Lord Behemot si
afferrò alla balaustra, graffiandola. Tremava.
Avvilito, tornò a consultare il grande grimorio dalle pagine gialle col quale aveva
rintracciato l'esoterista.
Voleva che qualcuno lo mandasse all'Inferno.
Era chiedere troppo?