Nella notte
illune, sotto un cielo di noia, la città sonnecchia senza mai serrare entrambi gli occhi.
Sul tetto della grande e splendente stazione, nascosto da un mantello nero e lambito dalla
pioggia calda e sottile, un uomo osserva gli ultimi scampoli di vita cittadina. Come uno
spettro, si muove furtivo fra le ombre sottili, scomparendo dietro guglie e cornicioni,
allungando lo sguardo sulla piazza antistante e lungo le strade fra le alte figure di
cristallo. A tratti si rifugia nelloscurità, rimpiangendo la delicata luce delle
candele di cera e maledicendo lassurda modernità.
Lattesa è frustante, ma luomo è determinato a compiere la sua opera. Mille
burattini spuntano a ogni battito dali dei piccioni intorno. I fili del loro destino
scorrono fra le dita sottili del figlio di Atropo. Sottili come capelli, i crini scivolano
fra ombra e luce, sintrecciano, samano e sodiano, cadono e muoiono sotto
i colpi di spazzola.
Un cerchio azzurro e un profumo inebriante i lunghi canini lucenti e golosi si
mostrano al cielo alti tacchi che rimbombano sul marmo: ecco la pienezza dello
spirito. Luomo si protende sul cornicione, sfidando il suo equilibrio. La donna
attraversa rapida lo spiazzo, domando i lunghi capelli biondi nella smania di giungere al
binario giusto.
La bestia si lancia nel vuoto, sorretta dalle sue ali di stoffa e da mani invisibili,
svanendo dopo pochi istanti di volo. Il nero sipario cala fra vento e pioggia sugli occhi
nocciola della donna. Avvolta in una spessa nebbia, scompare nel lampo di un fulmine
lontano.
Un ombrello azzurro, trascinato via dal vento, percorre solitario le strade del centro.
Nella notte, dal mio palco
intono lultimo canto.
Eccomi, sono langelo nero
primo tenore del destino.
Squillano le sette trombe
e la Morte dirige la sinfonia.