La coppa della regina

“Come possono gli Dei permettere una tale ignominia? Io, una regina!
Come possono abbandonarmi al destino di una comune donna di strada, avvolta negli stracci appestati dal sudore rancido di quell’assassino scellerato che si compiace di proclamarsi mio marito!”
Rannicchiata in un angolo buio delle segrete, furiosa, la Regina stringeva forte tra le mani l’ampolla datale dalla strega. Lo stretto collo di vetro opaco, chiuso in cima da un rudimentale tappo di stoppa, il corpo tondeggiante a custodire il filtro denso e scuro.
“Maleodorante. Letale!” - sorrise. Una luce diabolica le illuminava il volto, come un demonio che dal budello più immondo dell’Inferno risale alla ricerca della sua vittima.
Si voltò ad osservare il tavolo nell’angolo: su di esso solo il teschio di suo padre, orrendamente scavato e ricoperto di un sottile strato d’oro. Le orbite vuote parevano osservarla, disperate.
Quante volte si era introdotto nei suoi incubi, lo sguardo vitreo di terrore ad implorare il suo aiuto? La Regina prese il cranio e lentamente vi versò il filtro, trattenendo il respiro.

Quella sera il Re pareva più allegro del solito nella sua pienezza di sé. La Regina gli si avvicinò, lenta e altera, e gli porse il teschio del padre perché lui vi versasse il vino che teneva pronto. Raccapricciante, inaccettabile rituale.
Versato il vino, la Regina riprese quell’orribile coppa e tirò un lungo sorso. Il fuoco, poi un brivido gelido che la lasciò senza fiato. Un solo istante e poi il potere. Sentì l’onnipotenza nella sua mente e capì che era giunto finalmente il momento che da tanto, troppo tempo aspettava.
Un urlo strozzato e il Re crollò cadavere al suolo, il volto sfigurato e coperto di sangue.
La Regina lo osservò compiaciuta, poi alzò la coppa che teneva ancora tra le mani. Il cranio era quello del Re.

 

(Nota dell'autore)
Questo racconto è ispirato alla vicenda di Rosmunda, Figlia del Re dei Gepidi Cunimundo. Il padre fu ucciso da Alboino, Re dei Longobardi, che la sposò e la costrinse a bere da una coppa ricavata dal teschio del padre, ricoperto d'oro. Rosmunda si vendicò uccidendo Alboino. Pare morì avvelenata dal suo amante longobardo, Elmichi: tentò di avvelenarlo ma lui, consapevole delle sue intenzioni, la costrinse a bere il suo stesso veleno.

Massimo Landoni