L'ombra

Mesi fa avvertii forti giramenti di testa. Le mura del laboratorio e il computer sul tavolo a volte ondeggiavano e roteavano procurandomi nausea. Gli esami medici confermarono la presenza di una tasca aneurismatica a livello dell'arteria cerebrale media di sinistra. Avrei dovuto al più presto operarmi. Il primario mi aveva detto che tutti gli aneurismi prima o poi si rompono con emorragie interne fino alla morte.

 

Dopo l'asportazione chirurgica dell'aneurisma ebbi un mese di degenza e uno di riabilitazione agli arti. Spesso mi venivano a trovare i miei colleghi. Una giovane infermiera mi aiutava a camminare con il bastone lungo i viali del nosocomio. Lentamente mi avvicinavo alla normalità. A volte però avevo la sensazione di osservare il mondo come se assistessi ad un film. Mi spiego. I colori e i volumi degli oggetti erano normali, ma era come se fossero piatti. Era un difetto di prospettiva. Tutto pareva come stampato su una superficie piatta con luci ed ombre false come nei disegni su carta. Spiegai la cosa al primario che mi aveva operato. Sentenziò:
"Il suo cervello ha subito un inevitabile stress. Deve pazientare e tutto ritornerà normale. Sono disturbi minimi. Alcuni non ce la fanno a superare l'intervanto. Sa?"
La vita mi sorrideva di nuovo ed avevo ripreso il lavoro. Ebbi tuttavia altri sintomi.
Oggetti comuni come vasi di fiori o bicchieri assumevano a volte, importanza straordinaria dentro di me. Erano attacchi di panico? Gli oggetti erano scollegati dal contesto, simboli pieni di ombre fluide e inquietanti. Li ammiravo come estasiato per pochi secondi, poi tutto tornava normale: perturbazione della vista e dei sensi in generale, ma di breve durata.

Per i quindici giorni di ferie a settembre - quindici giorni di ferie già consumate ad agosto al mare con la fidanzata - decisi di andare a Venezia e a Firenze. Tutto filò liscio. I sintomi di distorsione della vista e del sensorio, scomparsi. Una sola volta nella mia stanza in albergo - la fidanzata era in toilette - mi sembrò di scorgere una massa fluida scura lungo una delle pareti. Mi massaggiai le tempie e la visione scomparve. Non dissi nulla alla fidanzata.
A casa dove vivevo da single, cominciai a vedere l'ombra aggirarsi lungo una delle pareti. La visione durava pochi istanti, ma era nitida.
Giorno buio e tempestoso di novembre con pioggia battente contro i vetri della finestra. Rividi l'ombra inquietante. Mi fermai a fissarla. La chiazza scura, informe che sostava sul muro aumentò d'intensità e si materializzò in un ovoide connesso ad espansioni tentacolari anch'esse nere. Due punti, come occhi lucenti stavano verso la sommità della mostruosa chimera. Fui paralizzato dal terrore. L'essere informe parlò:
"Da oscuro pianeta vengo dove tutto è tenebra e gelo. Sono connesso con te attraverso una trama tenace di tenebra. Ho bisogno di sangue e di morte. Dimmi chi odi."
La sua voce cavernosa fece tremare il vaso di fiori sul tavolo. Non volevo capire. Era una visione causata dai miei sensi stressati oppure l'ombra esisteva davvero? I suoi occhi come fiammelle ardenti aspettavano una risposta. Come un automa in stato d'isteria, dissi:
"Tu sai chi odio. Tu sai le mie profonde pulsioni."
La visione scomparve all'istante. Davanti a me il muro rivestito dal parato.
Il giorno dopo appresi dai giornali di tre persone uccise a distanza di poche ore l'una dall'altra: il mio direttore nefasto, un giudice corrotto e uno che mi aveva soffiato la ragazza. Tutti e tre squartati e con mani inchiodate alle pareti di casa. La polizia era certa di un killer seriale anche se non si riusciva a capire come l'assassino avesse percorso grandi distanze in breve tempo.
Non ero stato io e potevo dimostrarlo. Quando sarebbe riapparsa l'ombra assetata di sangue?
La notte stessa mi era venuta in sogno dicendo con voce tonante:
"Potrai liberarti di me, non odiando".

Giuseppe Costantino Budetta