La casa stregata

Al numero 177 di via S*** in V*** c’era, e forse c’è ancora, una casa stregata.
Dopo alcune lettere e telefonate fra il mio amico Rochefort e la proprietaria, in un pomeriggio di una domenica di dicembre arriviamo puntuali all’appuntamento.
“Napoleone. Napoleoneee.”
Un gatto spelacchiato appare e la vecchia vestita di grigio lo chiama stando davanti alla porta.
“Eccola è quella” dice Rochefort indicandola.
Una casetta bassa e scolorita non allineata con le altre.
“Sembra una casa normale” osservo.
“É stregata!” mormora.
“Finalmente, signor Rochefort” dice la vecchia signora con voce lamentosa accompagnandoci in cucina, attraverso una saletta. Dovunque c’è sporcizia: piattini con resti di cibo per il gatto, ragnatele, calcinacci sul pavimento.
“I miei guai sono arrivati fin qui” prosegue indicandosi il naso “quando saliranno ancora per me sarà la fine...”.
Una corrente d’aria fredda e fetida si sente improvvisamente, accompagnata da un forte odore di etere e di muffa che però non è muffa.
“Ecco. Sentite? É questo odore... che mi ha rovinato la salute. Dapprima mi sono rivolta ai medici, ho qui i risultati delle analisi.” Ed estrae un fascio di cartelle che porge a Rochefort.
“... Globuli rossi superiori al normale... un soffio al cuore ma non dà disturbi... operata di ulcera quindici anni fa... Non c’è niente che possa far pensare a stati patologici...”
“Anche i medici non hanno saputo fare una diagnosi; eppure soffro per molti disturbi: continuo a deperire, mi sento sempre bruciare internamente, non posso stare sdraiata sul divano né a letto; ultimamente sono dimagrita di venti chili. All’inizio, in casa avevo cominciato a sentire delle vibrazioni; come se fosse corrente elettrica. Sentivo l’elettricità toccando gli oggetti metallici, nelle pentole per esempio. Trovavo pezzi di spago, strisce di stoffa intrecciate e piene di nodi. Ce n’erano dappertutto... Anche fazzoletti con degli spilli appuntati. Gli oggetti si spostavano, o comunque non erano dove li avevo lasciati. Gli occhiali del mio povero zio suicidatosi quindici anni prima cambiavano continuamente posto. Allora sono arrivati i ladri che hanno portato via tutto, e quello lasciato lo hanno rovinato. Ma le serrature erano intatte. Ho avvisato la questura, ma non hanno saputo che fare.”
Rochefort ha cominciato a prendere appunti su un taccuino: “Continui.”
“Sono tornati i ladri, per sette volte...” Si mette a piangere.
Quando riprende a parlare, comincio a rendermi conto di trovarmi di fronte a un caso di natura ignota e solo la presenza rassicurante del mio amico Rochefort mi dà il coraggio di restare.
“I fiori qui dentro avvizziscono, i cibi si guastano, l’acqua diventa rossa, la cera nera...”
Rochefort si sposta verso l’acquaio e riempie un bicchiere di acqua. Questa dapprima scende limpida ma a poco a poco il bicchiere si riempie di particelle rossastre.
“Può essere ferruginosa?” intervengo io.
“Può essere” conferma Rochefort.
Allora la vecchia si alza e ci porta alla ghiacciaia. Del cibo ammuffito e del burro, anche questo ricoperto di una strana muffa rossa.
“Da quanto tempo questa roba è qui?”
“Da questa mattina! Non posso tenere niente in casa e sono costretta ad andare a mangiare fuori anche se tutta la gente mi evita.”
Tornati in cucina indica delle macchie sulla parete che prima non avevo notato. Il muro in certi punti sembra diventato scuro e poroso come per la troppa umidità. Un centopiedi grosso come non avevo mai visto cammina fino a scomparire sotto una crosta della parete.
“Guardate quelle macchie. E gli insetti schifosi. Ce ne sono milioni, sapete? Topi, lumache, scarafaggi, scorpioni infestano la casa. Ho fatto arrivare l’assistente sociale, l’ufficiale sanitario, ma nessuno ha saputo fare niente. Nemmeno un prete che ha benedetto la casa è servito. Allora mi sono rivolta a una chiromante e dopo a una maga.”
“Che cosa ha detto quest’ultima?”
“All’inizio non voleva ricevermi; poi è venuta qui, ha fatto degli esorcismi, è tornata a rifarli, ma è stato tutto inutile.”
Il giorno seguente la nostra mèta è ancora la casa stregata della vedova Bonnet.
Credevo di poter esaminare i fatti con obiettività questa volta, invece, dopo pochi minuti l’atmosfera intossicata della casa e i modi isterici della donna hanno il sopravvento sui miei nervi.
“... La notte ho sognato di essere all’interno di buche profonde, e al mattino ho trovato pezzi di fegato nell’orina. In poco tempo i fiori sono diventati tutti secchi.”
Ci sono infatti vasi con gerani, cactus e altre piante che paiono come pietrificate.
“Li ho mostrati a una veggente. Volevo portarli dal prete ma me lo hanno impedito, non mi permettono di entrare in canonica, solo in sagrestia. Ho mostrato anche questo alla veggente, guardate...”
Sono grosse setole, denti di pettine, piume. Restano attaccate ai materassi come per magnetismo.
Io non me la sento di toccare, ma Rochefort prova più volte a lasciare andare queste immondizie ed esse si comportano proprio come se fossero calamitate.
“Da tanto tempo compaiono dei corpi estranei nelle trapunte, nei materassi. Pezzi di sapone, candele, gomitoli, corone di piume. Ne ho trovati tanti, ma adesso devo evitare questi luoghi,” indica il divano e il letto, “perché mi sono diventati ostili. A volte sento quell’odore cattivo di olio rancido e mi sento bruciare bevendo l’acqua.”
Spesso si percepiscono scie di freddo passarci accanto, correnti d’aria gelide e improvvise. Ci guardiamo intorno, ma porte e finestre sono chiuse.
“Ultimamente ho fatto mettere chiavistelli nuovi e ho cambiato due volte le serrature” dice con voce sconsolata la donna, “ma non è servito.”
La stessa sera siamo chiamati di nuovo a casa della vedova Bonnet che chiede con urgenza il nostro aiuto.
Arrivati subito dopo, la troviamo quasi fuori di sé per lo spavento, mentre seguita a ripetere:
“Là, nel ripostiglio, sono entrata e ho visto... ho visto...”
Scopriamo una bambola senza braccia, di stoffa celeste, trafitta di chiodi, con penne che fuoriescono dal sesso e dagli occhi, dentro un piatto contenente acqua putrida, pepe, capelli e altri ingredienti.
Alcuni giorni più tardi la vedova Bonnet muore, e né la sorella né i medici sanno spiegare la causa del decesso.

Sergio Bissoli