Pioveva.
Non si poteva certo sperare che in pieno autunno il tempo fosse sempre clemente, tutto il
nord Italia era sotto l'acqua da giorni e Genova non faceva eccezioni.
Era ormai più di mezz'ora che Gianni, nella sala d'aspetto del dentista, ingannava il
tempo leggendo le riviste posate sul piccolo tavolino. Si era sempre chiesto perché nelle
anticamere dei medici si trovassero solo giornali stravecchi, quello che stava leggendo
aveva addirittura due anni; riportava articoli a dir poco polverosi: il viaggio del Papa
in Nigeria per esempio o l'ennesimo scudetto della Juventus, oltre ad una gran quantità
di brevi notizie locali riguardanti matrimoni vip, novità politiche e resoconti di gravi
disgrazie.
Un'infermiera bionda e formosa uscì dallo studio; "Ottonello" chiamò e Gianni,
come un condannato al patibolo, si alzò dalla sedia e sorrise debolmente alla ragazza;
dietro di lei intravide la figura barbuta del suo dentista che lo aspettava; quell'uomo
non era antipatico ma aveva il potere di innervosirlo.
Avrebbe preferito rimandare quello "spiacevole" incontro ma il dente gli doleva
troppo, così uscì dallo studio a sera inoltrata, con la guancia ancora indolenzita e il
portafoglio più leggero.
La pioggia sottile si infilava tra il collo e il bavero del cappotto e Gianni strinse
ancor più le spalle nel tentativo di limitare i danni; saranno anche state gratis, ma
quelle nuove pensiline costruite da una ditta spagnola mal si adattavano al clima
genovese: la pioggia, che spesso cadeva con il vento, penetrava tra i pannelli di
plexiglass rendendole inutili.
L'atmosfera era diventata particolarmente inquietante: la pioggia intensa limitava la
vista a qualche metro, il freddo pungente e l'umidità penetravano nelle ossa, la via era
deserta e faceva presagire brutti incontri. Finalmente i fari dell'autobus squarciarono il
velo d'acqua e quello che Gianni reputò essere un 18 barrato frenò e aprì le porte.
"Questo rottame avrebbe bisogno di una revisione" pensò appena salito:
l'obliteratrice era scassata, i vetri sporchi e incrinati, dallo sferragliare che si
sentiva ad ogni curva più che un autobus quello sembrava un vecchio tram.
Si sedette e osservò gli altri passeggeri: in tutto erano sette, due distinti signori in
soprabito e cappello, un ragazzotto di circa quindici anni con uno zaino scolastico, una
mamma con la figlioletta in braccio e la nonna della piccola. Completavano l'allegra
combriccola un "Vu cumprà" con la sua mercanzia e l'autista.
"Allegra" perché stranamente nessuno fiatava, ma si sa i genovesi non sono dei
gran chiacchieroni e il tempo non invogliava certo a parlare.
Gianni si rivolse alla bambina, un delizioso pulcino di forse tre anni che lo guardava con
due grandi occhioni blu spauriti; avrebbe voluto fargli un complimento o una moina, ma
aveva poca dimestichezza con i bambini e si limitò a sorridere. La piccina stringeva al
petto una bambola tutta rovinata, senza un braccio e con il vestitino strappato,
"forse la famiglia è povera" pensò "speriamo che almeno non la
maltrattino", aveva infatti notato sulla fronte della bimba un brutto livido e dei
graffi sulle manine che lo inquietavano non poco.
A dire il vero la mamma e la nonna avevano una faccia poco raccomandabile e persino lo
sguardo del giovinastro in fondo all'autobus sembrava perso nel vuoto. "Ma dove sono
capitato, e perché nessuno dei passeggeri è ancora sceso?" Cercò di guardare fuori
ma i vetri appannati non aiutavano di certo, il traffico era quasi inesistente,
"Strano" pensò "a quest'ora di solito rincasano tutti e le strade sono
congestionate", capì comunque che era ancora lontano da casa.
Era incuriosito da quella situazione ma anche impaurito, quegli strani passeggeri lo
rendevano inquieto, sembrava quasi che non si accorgessero di quello che succedeva intorno
a loro; ognuno era come assorto nei propri pensieri, il ragazzo aveva in mano un libro di
matematica, la donna una rivista illustrata ma nessuno dei due leggeva, il tempo sembrava
essersi congelato in un unico titanico istante! Uno dei due uomini aveva sulle ginocchia
un quotidiano e Gianni sbirciò i titoli di testa: "RITORNO TRIONFALE DEL SANTO PADRE
DAL SUO VIAGGIO IN NIGERIA", trasalì pensando alla vecchia rivista che aveva letto
nella sala del dentista e si ricordò di un altro articolo:
GRAVE INCIDENTE A GENOVA
Un autobus di linea è uscito di strada l'altra notte causando la morte di otto passeggeri
e dell'autista. Pare che la causa di tutto sia stata la forte pioggia e l'elevata
velocità del mezzo. Nella curva che porta in Corso Gastaldi l'autobus, per evitare un
auto che sopraggiungeva anch'essa a forte velocità, ha compiuto una brusca sterzata,
ribaltandosi e finendo la sua corsa contro una pensilina. Nell'incidente sono purtroppo
morte anche una bimba di appena tre anni insieme alla mamma e alla nonna.
Comprese allora il perché degli sguardi fissi nel vuoto e il sangue
gli si gelò nelle vene: tutti i passeggeri mostravano un pallore mortale, il braccio del
ragazzo sembrava girato su se stesso mentre uno dei due uomini dormiva con la testa e il
collo in una posizione innaturale, l'extracomunitario si girò e lo fissò con occhi privi
di vita: fino ad allora Gianni lo aveva visto di profilo e solo adesso che si era voltato
notò che la metà destra del suo cranio non esisteva più.
Urlò con tutto il fiato che aveva, si alzò e premette il pulsante di "richiesta di
fermata", gridò che voleva scendere, ma le sue parole furono coperte dallo stridio
del freni e dal rumore dei vetri rotti...
Erano ormai sei mesi che il servizio andava in onda a "Chi l'ha visto": "Gianni Ottonello, 35 anni, un metro e ottanta circa, capelli e occhi neri, vestito con un maglione verde, pantaloni marrone scuro e cappotto impermeabile beige, scomparso in ottobre da Genova senza un motivo apparente, il suo portafoglio è stato ritrovato in terra vicino ad una pensilina dell'autobus, si presume che gli sia caduto mentre saliva sul mezzo."