Era romano.
Era incisivo e ironico.
Era perverso e spietato.
Si chiamava Alessandro, quarant'anni circa. Scriveva racconti horror dannatamente buoni,
che metteva in rete. Forum, concorsi, biblioteche on line. Alcuni mi piacquero tanto che
li stampai.
Anch'io scrivevo, ma non c'era paragone, credetemi.
Aveva altri fan nella rete, un po' tutti si chiedevano dove prendesse quelle idee. Noi
però avevamo stretto un'amicizia particolare, diceva di sentire con me delle affinità
caratteriali. Le nostre mail divennero un modo per tenerci compagnia e discutere idee per
i racconti. Poiché sembrava una persona a posto, acconsentii a scambiarci nomi e
indirizzi. Mi strappò la promessa di andarlo a salutare alla prima mia visita a Roma, e
così feci.
Trovai subito la casa, mi aveva dato indicazioni chiarissime. Fui anche il primo ad
avvertire la polizia, e ancora me ne stupisco. Incredibile che nessun parente si fosse
preoccupato. Nel palazzo poi, la puzza stagnava nelle scale filtrando da sotto la porta.
Posso solo immaginare l'orrore di una vita anonima e solitaria, la cui stessa fine aveva
lasciato tutti indifferenti.
Trovammo il corpo, in avanzata decomposizione, riverso sulla tastiera del pc acceso. Un
infarto, si scoprì poi. Il monitor mostrava l'home page di un sito letterario, l'ultima
cosa che gli occhi morenti avevano fissato alcuni mesi prima.
Sembrava, dalla posizione della mano, che avesse sfiorato con le dita aperte lo schermo,
come per fuggire aprendosi un varco attraverso l'atroce dolore.
So che adesso in quel maledetto appartamento vive una famigliola.
Riguardo a me, ho bruciato i racconti che avevo stampato e cancellato gli altri dalla
memoria del computer. L'ho fatto persino benedire da un prete, e ho cambiato già tre
volte casella postale.
Come mai, allora, continuo a ricevere e-mail col suo nome, che cestino senza neanche
aprire, preso da nero terrore?