La storia
che mi accingo a scrivere, è un episodio che mi è capitato circa dieci anni fa, i fatti
sono narrati in ordine cronologico, e le parti che non conoscevo, perché non ero
presente, sono di pura invenzione, ma chi sa, alle volte la fantasia si avvicina molto
alla realtà, o forse è il contrario.
Nelle solitarie strade di Londra, una nebbia sottile copriva come un velo la pallida luna.
Tra le vie larghe, illuminate a tratti da lampioni, uno sconosciuto passeggiava immune da
qualunque pericolo, avvolto in un mantello e un cappello, dal quale si intravedevano solo
gli occhi iniettati di sangue.
Lo scalpitare di zoccoli in lontananza, annullava il silenzio, di quello che poteva
sembrare un brutto sogno. La carrozza si avvicinò allo sconosciuto e fermandosi davanti,
un uomo aprì la portiera e lo invitò a salire, la strana figura in nero appoggiandosi
alla portiera, salì e ringraziò e porgendogli la mano disse di chiamarsi Old Jack, e che
era diretto a Etrom Street, risposi che l'avrei accompagnato volentieri, e diedi subito
l'ordine al cocchiere.
Quello strano individuo non parlò molto, si limito a guardare le strade che
attraversavamo, non so come il mio sguardo si posò sulle sue mani, lunghe e ben curate,
come quelle di un medico, portava all'indice della mano destra, uno strano anello, con
simboli che mi erano totalmente sconosciuti. Gli chiesi se andava a Etrom Street per
affari, tanto per rompere quel freddo silenzio, si voltò e per la prima volta riuscii a
vedere il suo volto, illuminato dai lampioni della strada, i lineamenti del viso erano
sottili, sembrava che avesse posato per una di quelle sculture greche che si vedono nei
musei. Ma c'era qualcosa di stranamente diabolico nei suoi occhi, spenti e privi di vita.
Quell'uomo non mi piaceva, c'era qualcosa in lui che mi metteva a disagio, ma nello stesso
tempo mi affascinava, mi pentii d'averlo fatto salire, non riuscivo a fare a meno di
guardarlo, e con un ghigno, come se avesse potuto leggere i miei pensieri, rispose che
abitava da quelle parti, e continuò a guardare fuori.
Nello stesso istante una carrozza ci sbarrò la strada, intimando di fermarci, scese una
guardia e si avvicinò allo sportello, un altro poliziotto che non avevo visto in un primo
momento, ispezionò con una lanterna le ruote della carrozza, poi illuminò e guardò
anche l'interno, soffermandosi sui nostri volti. Chiesi alla guardia se era successo
qualcosa, mi rispose che avevano assassinato una donna di strada, con un coltello da
macellaio, e stavano controllando chiunque passasse. L'altro poliziotto ci interruppe,
"Va bene potete andare, ma fate attenzione l'assassino e ancora nei dintorni,
proseguite per la vostra strada, e non date passaggi a sconosciuti". Proseguimmo il
viaggio, e dissi al cocchiere di affrettarsi.
Arrivati a destinazione lo straniero, mi ringraziò e scese dalla carrozza, e nel fare
questo, il mantello si aprì per un istante, e la lama di un coltello, illuminato dalla
luce della luna, mi lampeggio negli occhi. L'uomo si allontanò rapidamente, il grigio
della nebbia lo avvolgeva talmente che dopo un po' non lo vidi più. Ma io ora lo
conoscevo, avevo visto il suo viso e stretto quella mano insanguinata. Quel delitto non
poteva rimanere impunito, ordinai al cocchiere di condurmi velocemente alla stazione di
polizia.
Old Jack assicuratosi che nessuno lo seguisse, svoltò l'angolo di un palazzo dal quale
salì una rampa di scale di ferro, su in alto al quarto piano, dove si intrufolò in una
finestra, chiuse la tenda e accese un lume, poi si tolse il mantello e il cappello e li
gettò su una poltrona, attraversò la stanza, arredata perfettamente alla moda del tempo,
e appese il lungo pugnale sopra la mensola del camino.
Incominciò a sentire freddo, prese un pezzo di legno, aprì il tiraggio dell'aria, poi
accese il ceppo nel camino, che subito cominciò a prendere fuoco, fu allora che guardò
l'anello che aveva al dito, che fu rinvenuto da un suo antenato in qualche scavo
archeologico, probabilmente quei simboli erano egizi, fatto forgiare forse da qualche
faraone, esso si nutre di sangue che rende immortale e fa rimanere giovane il possessore
dell'anello. La conosceva da ragazzo quella storia, nei minimi dettagli, ci fantasticava
su, poi divenuto adulto, diventò una bella favola, da raccontare nei salotti dei suoi
amici, poi un giorno alla morte di uno zio, che neanche ricordava di avere, gli fu
consegnato in una busta insieme ad una lettera.
"Caro nipote, spero che ti ricordi di me, ti raccontavo spesso la storia dell'anello,
ricordo che lo desideravi molto, le lunghe conversazioni che abbiamo fatto, su quello che
avremmo potuto fare, realizzare, perché il tempo, la vecchiaia, la morte, per chi
possedeva l'anello, non aveva più nessun valore. Ti chiedo di distruggerlo perché questa
è la mia volontà, io non ne sono stato capace, un po' anch'io credevo che fosse una
bella favola, poi mi sono chiesto se fosse vero, chi non bramerebbe diventare immortale e
restare sempre giovane, mi sembrava un giusto prezzo da pagare, poche e inutili vite in
cambio di tutto questo. Avevo scelto persone che se anche fossero scomparse, non avrebbero
insospettito nessuno, prostitute, vagabondi, gente senza casa, senza famiglia, poi mi resi
conto che era sbagliato quello che facevo, se esiste davvero Dio spero che mi perdoni per
quello che ho fatto, e per quello che voglio fare, ho deciso di farla finita. Perciò
distruggilo, perché io non posso più farlo".
Come si poteva credere, alle parole scritte da un pazzo suicida, ma adesso doveva
ricredersi, perché oramai era maledetto per l'eternità, finche non decideva di togliersi
la vita.
Intanto la carrozza arrivò alla stazione di polizia e dopo che ebbi raccontato del
passaggio che avevo dato e l'aspetto di quell'uomo ci recammo dove l'avevo lasciato. La
nebbia oramai dissolta mi fece vedere il palazzo, prima inesistente, e ora emerso nella
sua totale bellezza. Salimmo da una scala antincendio, che dava su una finestra illuminata
al quarto piano. Spostai la tenda ed entrai nella stanza, vicino al camino sul pavimento,
vi era un uomo disteso con la faccia in giù, accanto al cadavere c'era una lettera, che
subito raccolsi e feci sparire nella tasca dei pantaloni. Entrarono le guardie, si
avvicinarono e lo voltarono, lo riconobbi subito, si era tagliato le vene. Il suo volto
era cambiato, quell'espressione diabolica era scomparsa, il suo viso era più disteso,
aveva ritrovato la pace. Le guardie lo presero e lo trasportarono giù, mentre uscivo,
vidi per terra quell'anello, lo presi, quegli strani simboli mi incantarono, sentivo come
un richiamo, lo tenni sul palmo della mano non so per quanto tempo, o fu solo un istante,
poi lo buttai nel fuoco, che lo disciolse, e subito dopo un fumo giallastro salì su per
la cappa del camino. Mi allontanai celermente da quel luogo saturo di morte, volevo solo
dimenticare quella notte da incubo, ma dentro di me sapevo che non me ne sarei più
liberato.
Passarono dieci anni da allora, e per caso mentre leggevo un giornale, scorsi la notizia
che l'appartamento a Etrom Street, era stato acquistato da un giovane gentiluomo di
provincia, e che, mentre rimetteva in ordine la casa, trovò nel camino, sotto un mucchio
di cenere, un anello di inestimabile valore, probabilmente risalente alla prima dinastia
di faraoni.