Intanto
devo farmi passare la paura del buio. Che non è una vera e propria paura, ma più un
senso di inquietudine generale, fatta di consapevolezza e, finalmente, coscienza di me.
Lucidità. Ecco, una paura del buio fatta di lucidità mentale. La paura di accorgersi che
il mondo non è così colorato come sembra, e al contempo la scoperta di una certa
saggezza data dagli eventi. Luttuosi, sì. Distacchi improvvisi, inaspettati, con tutta la
forza della parola inaspettato. Brutto termine, per chi non ama le sorprese,
per chi si è sempre vantato di adorare il silenzio, la solitudine, ed ora, tutto
dun tratto, lo teme. Ne ha timore e lo cerca, lo attira a sé e lo rifugge.
Quante chiavi, in questa storia. Chiavi di casa, che però non aprono serrature. Chiavi
che girano nella toppa e restano lì, a darti lillusione di essere entrato.
Voci. Immagini. Consigli. Corse. Fanciullezza. Fanciullezza e stupidità. E tante frasi
non dette, che ti restano fra i denti e nella testa e che ora non hanno più un
interlocutore.
Alzo gli occhi su una finestra del centro, dalla quale una volta guardavo la luce, di
fretta, con la testa piena di tanti impegni e poco tempo e che ora se ne sta lì, con le
tapparelle per sempre abbassate, con quelle finestre inesorabilmente chiuse dalle quali
non mi affaccerò più. Più. Parole.
Sorrido dei racconti di guerra, dei libri di storia, degli sceneggiati televisivi che
mostrano unItalia in difficoltà. E poi mi manca terribilmente una serata di vecchi
aneddoti, e quel gesto, quel bacio sulla fronte fuori da un cancello, una mano che mi dà
un buffetto sulla guancia, di cui solo ora capisco il messaggio di amore e di pace.