L'agente
Rodolfo Luciani odiava quella parte del suo mestiere. Avrebbe voluto lasciare certi
ingrati compiti ai suoi superiori, così capaci di blaterare davanti alle telecamere,
eppure così sfuggenti quando si trattava di dare certe comunicazioni alle famiglie.
Raggiunse il numero 23 di Via Moro, una di tante villette a schiera bianche, tutte uguali,
messe in fila come soldatini sotto il caldo sole d'agosto.
Scese dalla moto. La tuta gli dava un fastidio infernale, non sapeva se più per il caldo
o per quella sensazione opprimente derivante dal suo incarico. Sbuffando, mise il
cavalletto e tolse guanti e casco, la sua testa rasata e sudata luccicava sotto i raggi
del sole. Faceva davvero un gran caldo, quel giorno.
Raggiunse il cancelletto della casa, era aperto, segno che quello era un quartiere
tranquillo e che vi era fiducia nelle Forze dell'Ordine. Bene!
Entrò nel vialetto, socchiudendo la porticina di ferro battuto, percorse i pochi metri
che lo separavano dall'uscio di casa e si fermò. I suoi occhi caddero sul campanello di
casa, c'era una targhetta: "Ferri R. - De Piero A.".
La signora Ferri era sicuramente in casa a quell'ora, mentre il marito era al lavoro. Un
altro collega, in quel momento, stava andando a svolgere lo stesso pesante compito di
Rodolfo.
Fece un profondo sospiro, la mano gli pesava tonnellate, mentre cercava di alzarla per
suonare il campanello.
Premette brevemente il pulsante, come risposta ottenne un rapido ronzio elettrico.
Dopo pochi istanti udì un ciabattio dietro la porta.
- Chi è?
Chiese una voce femminile.
- Polizia, signora.
La porta si aprì e Rodolfo si trovò innanzi ad una donna sulla cinquantina, piuttosto
sfiorita, non molto alta. Probabilmente era intenta in faccende domestiche, a giudicare
dalla scopa posata accanto alla parete. Fissava l'agente con espressione interrogativa e
leggermente preoccupata, tipico di chi riceve una visita inaspettata da un poliziotto.
Rodolfo assunse un'espressione formale, ormai non poteva più tirarsi indietro.
- La signora Rosanna Ferri?
- Sì.
Rispose con tono interrogativo la signora. Rodolfo estrasse il suo distintivo e lo mostrò
a lei.
- Agente Luciani, Polizia di Stato.
La donna guardò per un attimo il tesserino, poi i suoi occhi ritornarono sull'agente.
- Di che si tratta?
Chiese lei, leggermente in ansia. Rodolfo sospirò pesantemente, guardando verso il basso,
poi tornò a fissarla.
- Ecco... - disse grave - sono spiacente di informarla che, poche ore fa, l'auto su cui
viaggiava suo figlio Germano è rimasta coinvolta in un grave incidente. Per lui non c'è
stato nulla da fare.
Un istante di gelo.
A Rodolfo parve di udire il cuore della donna spezzarsi in due. L'espressione di
preoccupazione del suo volto si trasformò di colpo in dolore. Un dolore incommensurabile.
La donna portò le mani al volto e scoppiò in un pianto disperato e inconsolabile. Si
appoggiava allo stipite della porta per non cadere.
Rodolfo la osservò con profonda compassione: una notizia del genere era la peggiore cosa
che una madre potesse udire. Aveva già visto lo stesso dolore decine di volte sui volti
di altrettante donne a cui aveva dato la stessa tragica notizia.
- Signora - disse lui con tutta la delicatezza che possedeva - so che è un brutto
momento, ma c'è una cosa che dovrei fare, una formalità.
A fatica, la donna alzò lo sguardo, bloccandosi come congelata alla vista della pistola
dell'agente, puntata verso di lei.
I due colpi, in rapida successione, freddarono la signora Ferri sulla porta.
Rodolfo scosse la testa contrariato, si voltò rinfoderando la pistola e si diresse verso
la moto. Mentre comunicava alla centrale la conclusione del suo incarico, osservò il
monitor sul manubrio. Riportava ancora il testo della nuova Legge sulla Pianificazione
Famigliare, la 94/2010. L'articolo quattro diceva: "Ai genitori di una persona
deceduta in circostanze inattese deve essere data la morte immediatamente dopo che sia
stata loro comunicata la notizia della scomparsa del discendente".
Rodolfo premette il dito sul monitor, sul pulsante "Ratio della Norma", apparve
un'altra frase: "I genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai propri figli".