Le fiaccole si
agitavano, laggiù, nell'oscurità, illuminando di un rossastro acceso i volti
dei servi, le corde e le spade, le gole dei cani, lustre di bava, una nuova
preda.
«Conte Vlad, conte Vlad!...»
L'uomo fece un paio di passi, afferrò la balaustrata di pietra nera, vi
premette le mani, le palme, tendendosi tutto, in avanti, spingendovi contro,
con lo stomaco. Lo sguardo scrutò nel vuoto, davanti a sé, vi compì un
movimento circolare, le iridi fonde, di un nero color pece. Le nari si
inarcavano, fiutavano intorno, irrequiete, avide, un ansito si liberava
dalla gola.
«Buona caccia, conte Vlad!...»
I servitori serrarono le corde, moltiplicarono le grida. I cani raspavano la
ghiaia, costeggiavano le erme che delimitano il viale, levavano alte le loro
gole, quasi offrendole. Il vento si impadronì della vestaglia di seta
bianca, la allargò, ne tese i lembi, delle chiome bionde. Sopra di loro,
addossato alla balaustrata, il conte sembrava volersi gettare oltre,
scavalcarla, il corpo nudo, ancora giovane, ombreggiato di peluria bionda.
Sembrava un segugio che annusasse la preda, che la ricercasse, senza sapere
dove.
«Chi avete catturato... è giovane?...»
Dal vorticare delle fiaccole, dei cani, se ne staccò una,
percorse rapida il viale, illuminandolo, si fermò, a pochi passi dalla
balaustrata.
«Giovane, conte Vlad, giovane! Non più di quindici anni!...»
L'uomo ebbe uno scarto all'indietro, le dita strinsero ancora la pietra.
Sollevò il volto verso la volta del cielo, verso il buio della notte. La
vestaglia bianca gli ondeggiava addosso, ne scoprì una spalla, il bianco
dell'omero. Sembrava che un'energia ne percorresse i nervi, i muscoli, li
infiammasse. Le iridi fonde sembravano stagliarsi, in tutto quel buio,
riflettere il fuoco della fiaccola; le labbra si dischiudevano, si
allargavano, come a volervisi abbeverare.
Un volo di corvi attraversò la balaustrata, in diagonale, quasi fendendola:
il loro rauco grido si sovrappose, appena, alla voce dell'uomo, la
irrobustì.
«Sangue, ah, sangue!...»