In uno dei
centinaia di sogni che sono solito attraversare sia nella veglia che nel sonno, mi capitò
di ritrovarmi in un luogo ameno, simile a quelli immaginati e poi cantati dai poeti del
classicismo latino. Non so dirvi come v'entrai, ma sta il fatto che una volta in quel
bosco cominciai a camminare, pur senza conoscere il punto di partenza nè quello di
arrivo.
Vagavo tra il fogliame color smeraldo e intorno a me sentivo il suono del germogliare dei
fiori e quello del nettare succhiato dagli insetti. Ora, so bene che è impossibile udire
tali rumori, impercettibili anche alle orecchie più attente, eppure essi erano talmente
amplificati da non so quale forza magica che sovrastavano qualsiasi altro suono. Udivo il
canto delle api ma non il loro ronzio, e lo scorrere della linfa negli steli d'erba, ma
non il fruscìo di questi quando si alzava un fiato di vento. Tuttavia ero ben consapevole
di vagare in un mondo onirico reso reale soltanto dagli impulsi dei miei neuroni, tanto
che quella strana anomalia di suoni non mi turbava affatto ed ero certo che qualsiasi cosa
avessi scoperto in quel luogo non mi si sarebbe dimostrata ostile. Ben presto infatti mi
apparve una visione tanto stupefacente e meravigliosa da offuscare la mia mente e
confondere i miei sensi.
Spostando alcuni rami scoprii dinnanzi a me un tempio minuto ma
bellissmo, simile agli antichi zigurrat delle civiltà precolombiane, eretto ad onore di
una divinità sconosciuta, ma che istintivamente mi ricordò Quetzalcoatl, lantico
Dio degli Atzechi, portatore di pace e prosperità. Il tempio, come ho già detto, era
piuttosto minuto, e la sua facciata, che mi appariva di fronte in tutto il suo splendore,
riportava bassorilievi raffiguranti scene di pesca e di caccia, di giochi e di rituali di
magia bianca. La pietra con cui era stato costruito era simile al basalto, ma di un color
nero pece lucido come l'olio e di consistenza leggermente più friabile. Eppure, ciò che
veramente provocò nel mio corpo meraviglia e ammirazione fu il fatto che l'intero
edificio sembrava essere stato estratto da un unico blocco di pietra.
Vi girai intorno tre volte per constatare la veridicità di quella caratteristica che
ritenevo impossibile, e con stupore ancora maggiore, che, lo ammetto, mi provocò anche un
certo timore, mi accorsi che il numero dei passi che feci per compiere il giro completo
del tempio (che tra l'altro confermò la mia osservazione sull'incredibile metodo di
edificazione) era variato tutte e tre le volte: al primo giro contai trecentoventun passi,
al secondo quattrocentoundici e al terzo duecentoquaranta. Avrei potuto continuare a
provare ma lo ritenni inutile. Sapevo di essere immerso in un sogno e pertanto non ci
sarebbe stato da stupirsi di alcunchè, ma ho sempre creduto che vi sia una funzione per
ogni cosa, sogni compresi, e volli scoprirla.
Mi sedetti su un masso e mi misi a pensare a quelle cifre. Avrei potuto entrare subito nel
tempio, ma per il semplice fatto che quella sarebbe stata la scelta istintiva di chiunque,
me compreso, la scartai immediatamente.
Ciò nonostante quel riflettere non portò alcun frutto. Dopo ore (nella realtà minuti?)
decisi di seguire l'istinto comune e di addentrarmi nel tempio.
Raggiunsi l'ingresso e misi un piede all'interno allorchè mi arrestai di colpo. Mi volsi
e scrutai la natura intorno a me. Ancora, gli unici rumori presenti erano gli stessi che
fino ad allora avevo udito: il canto delle api e lo scorrere della linfa negli steli
d'erba, il germogliare dei fiori e il risucchio del nettare per opera degli insetti. Suoni
magicamente amplificati, altrimenti impercettibili.
Il paesaggio era tanto spettacolare ed unico che nessun pittore mortale sarebbe stato
capace di riportarlo sulla tela, e proprio nell'osservare quella sconcertante bellezza un
terrore profondo e prorompente mi attanagliò la gola. Un particolare che prima non avevo
notato mi aveva reso adesso schiavo della paura a tal punto che desiderai con tutto me
stesso il risveglio, pur rinunciando alla visita di quel curioso tempio.
Nonostante il paesaggio fosse rigogliosissimo non vi erano fiori, in nessun luogo. Più
volte in quel sogno avevo udito il loro germogliare e lo scorrere del loro nettare
dolciastro, eppure fino a quel momento non mi ero avveduto che non un solo petalo ornava
la natura circostante. Quella strana incoerenza tra suoni e immagini mi aveva allarmato a
tal punto che avevo preferito tornare alla veglia piuttosto che proseguire il mio viaggio
mentale.
Mi riebbi in un attimo, mi svegliai, e quando i sensi tornarono sentii un fortissimo
dolore alla gamba destra, quella che avevo mosso all'interno del tempio prima di
accorgermi dell'assenza dei fiori.
Nel giro di pochi giorni la gamba andò in necrosi e dovetti amputarla.
Quel giorno la mia razionalità fu anche la mia salvatrice; di questo ne sono consapevole.
Tuttavia non riesco a frenare le decine di domande che da allora mi angustiano. Cosa avrei
trovato in quel tempio? e per quale motivo esso era falsamente adornato di immagini felici
e rassicuranti? e perchè, infine, se Lucifero aveva deciso di burlarsi di me e di
prendere la mia vita in quel modo ha lasciato un piccolo indizio sulla mia strada,
concedendomi così una possibilità di salvezza?
Esiste dunque un libero arbitrio nella morte? o siamo tutti semplici marionette nelle mani
di un annoiato e spietato boia?