Il sapore della ciliegia

Il fuoco, rosso smeriglio come un tramonto incendiato, crepitava indomito; la luce artificiale, fioca e debole, faticava a far risplendere la propria finta bellezza; il buio guardava silenzioso dalla finestra, con i suoi occhi di stella, aspettando il momento buono per sorprendere tutti e balzare all'interno.
E la grappa alla ciliegia andava giù come l'acqua. Oh, cielo, come scendeva!
Il vecchio Felice però non l'avrebbe detto in questo modo. No, troppo scontato. Ovvio! Perché lui avrebbe suggerito qualcosa di più poetico, di più fantasioso, di più allegro, come un 'il buon vecchio Felice sorseggiava una gustosa bevanda vitaminica al sapore di ciliegia'. Ma come ogni uomo che si rispetti, la foglia da mangiare non è mai così particolarmente gustosa... Difatti, il motivo per cui posò immediatamente il bicchierino fu lo sguardo rimproverante di Amelia, accanto a lui.
Eh sì, beccato l'ennesima volta!
Il suo bianco volto leggermente inclinato, i suoi occhi sottili, quel sopracciglio inarcato, i fini capelli lungo il capo... E Felice, scemo d'un vecchio, si sentiva anche in colpa!
Oh, dolce Amelia. Così affascinante, così malinconica, così semplicemente bella... C'è un piccolo fastidioso particolare a proposito della moglie del pimpante Felice: è gelosa, terribilmente gelosa! Santo cielo, com'è gelosa! Ed è anche morta, ma ora questo non è che rappresenti un particolare problema per Felice. Già, perché nemmeno la Nera Signora in persona è riuscita a dividere il loro legame sentimentale.
"Ah, maledetta artrite! Non mi lascia neanche il tempo di cercare una scusa."
Amelia sorrise, teneramente, ed accarezzò con dolcezza il volto squadrato e rugoso del marito. Felice non si ritrasse al suo tocco. Ne ammirò invece ancora una volta - non lasciando trapelare quella strana sensazione che mescolava disgusto e rimpianto - ciò che restava del vestito che la moglie indossava il suo ultimo giorno. Le macchie rossastre mostravano chiaramente che il terribile ricordo non sarebbe mai scomparso.
"Mia cara", disse fingendo una sorpresa, "non ti si può proprio scappare, eh?"

"No, non puoi, spiacente. Sai, c'è questa sorte di legame che ci unisce, si chiama matrimonio. Se te ne fossi scordato, siamo ancora sposati, io e te. Marito e moglie, per sempre."
"In realtà", ribatté pronto Felice, "il prete aveva detto 'finché morte non vi separi', se la mia memoria funziona ancora."
"Felice Buonfalpan!", disse lei, offesa.
"Ah beh, ma cosa vuoi che ne sappia un prete, dell'amore?" E finalmente anche il viso di Felice fu illuminato da spontaneo sorriso.
"Lo sai che sei invecchiato?", gli disse quindi Amelia.
"Oh, suvvia Amelia! Sei vecchia quanto me, lo sai bene; non cercare scuse. Siamo della stessa classe, del '29. Grandiosa annata. E anche se non li dimostri e se il tuo viso è ancora splendido - accidenti a te! - 76 anni li hai anche tu, dolcezza! Peccato solo che non possa toccarti, ma forse è meglio così: probabilmente mi darebbero del maniaco."
La risata spensierata echeggiò nel vuoto spoglio della stanza. E subito l'atmosfera calò di botto ed il silenzio prese il sopravvento. Fu Felice a romperlo, poco dopo, facendosi ancora una volta coraggio per affrontare l'argomento.
"E' da un po' di tempo che non si fa sentire."
Amelia si fece pensierosa.
"Ma se siamo qui per questo motivo!", disse. "Una nuova e deliziosa casa. E' piccola, va bene, ma per noi due è più che sufficiente. E se non ricordi, lo hai detto tu che vivere ancora in quel posto ti avrebbe ucciso a poco a poco. Che ti sentivi soffocare." Amelia rifletté un po', poi aggiunse: "E poi guarda che i soldi della pensione ormai li hai spesi, è inutile cercare di nasconderlo. Meglio dimenticare, no? Me lo dici sempre anche tu."
"Già, meglio dimenticare", fece lui, accigliato. La pensione è ogni volta meno sostanziosa, diceva con regolarità suo figlio, mentre faceva regali sempre più costosi alla bella Arianna. Brutto approfittatore, pensava Felice, lo sapeva bene che cosa se ne faceva della sua pensione, non era mica diventato stupido con la vecchiaia. Era solo che ci arrivava troppo tardi. Di solito quando ormai era già stata spesa.
Com'è difficile dimenticare...
"Sai una cosa, Amelia..."
"Sì?"
"... tutto sommato ci avevo fatto l'abitudine."
La bocca di lei si spalancò improvvisamente.
Felice si alzò a fatica dal divanetto impolverato e ravvivò il focolare, gettando in pasto alle fiamme un grosso pezzo di legno. "Beato tu che presto saluterai tutti quanti", disse tra sè e sè con un tocco di tristezza. Poi tornò a sedersi con un leggero tonfo.
"Stai scherzando? Com'è possibile?", gli chiese Amelia.
Felice scosse la testa, lentamente. "No, non scherzo affatto."
"Dici sul serio?"
"Sì, sembra così assurdo, eppure... prendi pure la mia affermazione con le pinze, ma dopo un po' non ci si fa più caso."
Chissà cosa intendeva dire con quel 'dopo un po'. Sicuramente non meno di una vita intera. Come minimo.
"Alla fin fine lo abbiamo conosciuto, magari un poco alla volta ed in circostanze... direi un po' strane... ma devi imparare a conviverci dopotutto, no? Tutti questi anni... Santo cielo, anche il rancore prima o poi lascia il posto a qualche altro sentimento. E poi, siamo dei vecchi bacucchi. Guarda me: ho l'artrite ed il tendine della spalla sinistra staccato: cosa potrei mai fare? Che senso avrebbe litigare ancora?"
"Beh", fece Amelia, osservando la piccola fiamma della candela poggiata sul tavolino. Involontariamente soffiò per spegnerla, ma dalla sua bocca non uscì nulla. Un ombra calò sul suo volto. "D'altronde abbiamo vissuto così tanto tempo insieme. Hai ragione. Forse, involontariamente, si tende quasi a volersi bene, dopotutto."
"E si dimentica."
Lei prima lo fissò con stupore, poi socchiuse gli occhi e guardò il passato.
"Sì", disse Amelia con delicatezza, ma con molta poca convinzione. Passò molto tempo prima che terminasse la frase. "Si dimentica", disse infine, con un filo di voce.
Felice si versò della grappa nel bicchiere già mezzo pieno, e la bevve d'un sorso. Amelia non disse niente. Il passato doloroso era di nuovo tra loro.
"E' come questa grappa", disse Felice. "Quanti bicchieri servono? Tre? Quattro? Bene, poi quel che è stato è stato. Chi lo vuol più ricordare? Che se ne resti là!"
"Solo che il presente non ha il sapore della ciliegia."
"Eh già", disse con un sospiro Felice, "nessun dolce gusto alla ciliegia ad allietarci i pensieri." Soppesò il bicchiere che teneva in mano. "Dici che ci seguirà?", le domandò poi, guardando l'ultimo goccio di grappa, prima che sparisse nella sua gola. "Non siamo poi molti lontani."
"Chi, Peppino? No, non credo proprio." Se avesse avuto aria nei polmoni, Amelia avrebbe sospirato. "Ultimamente non ci ha fatto partecipi dei suoi pensieri. Se ne stava per conto suo, tutto il tempo. E quando siamo andati via, non ha detto una sola parola." Cercò quindi di sostenere il profondo sguardo del marito, ma fu costretta ad abbassare il volto. "Si è, come dire, arreso. In qualche modo."
"Arreso... Pensi che lui abbia dimenticato?"
Amelia si strinse forte le mani, cercando di non far riaffiorare proprio tutto quanto, tutto quello che voleva mettere alla porta.
"Dimenticato?", rispose con voce bassa. "No, non credo. Anzi, non lo farà mai. Ma forse ti ha perdonato, quello sì. Potrebbe essere. E' umano." Ci fu una lunga pausa, un lungo silenzio assordante. "D'altra parte", aggiunse Amelia, "l'ho fatto anch'io."

 

Dimenticare? Difficile. Impossibile mettere una pietra sopra. E' saggia Amelia nel cercare di cancellare la vita vissuta con la menzogna. Ma è solo un puerile tentativo. Il ricordo non muore, sa scavare, troverà sempre una via d'uscita. E prima o poi, tornerà. Dopo tutto, la pietra non è mai così pesante.
E perdonare? Questo sì, il tempo aiuta. Già, aiuta. Sembra impossibile, eppure è così. A questo punto, una frase del tipo 'l'amore trionfa sempre' ci starebbe proprio bene, ma non piacerebbe per niente al vecchio Felice. La riterrebbe troppo mielosa.
Nessuno può dimenticare: non lo ha fatto Felice (nonostante la grappa), non lo ha fatto Amelia (nonostante le bugie) e beh, di sicuro non lo farà Peppino. Ci sono dodici pugnalate nel suo petto che resteranno per sempre impresse. Nel corpo o nelle mente poco importa, ci sono e basta. Amelia invece ne ha solo cinque: ne sono bastate meno per lei.
No, di certo non potrà dimenticare. Per quante frottole possa raccontare all'amato Felice.
Oh, l'amore, che brutta faccenda... Ci sono decisamente troppe scelte da fare, troppe decisioni da prendere... e c'è sempre qualcuno di troppo, che complica tutto quanto. E c'è la gelosia... Che brutti scherzi gioca la gelosia. Lo sa bene Peppino, e soprattutto Amelia, che in questo campo è un esperta. Come lo sa bene! Sì, perché ha avuto modo di capire come l'amore possa trasformare le persone. Ha avuto modo di rendersi conto fino a che cosa possa portare la passione. E ha avuto modo di scoprire che può esserci anche qualcuno ben più geloso di lei.
Suo marito, ad esempio.

Simone Corà