Il treno
sfreccia, allunga paesaggi, distorce emozioni.
Mi sento come se la pelle, increspata dalla piressia, non riuscisse a ricoprire
linvolucro, rattrappendomi. Trovo comunque la forza di far schioccare il vuoto tra
la camicia, il sudore e il sedile.
Seguendo la direttrice del treno, individuo un antro buio. Lo conquisto e resto in
silenzio.
La tensione ingrassa.
Quindi lo vedo. Più alto, massiccio e agile di me.
Ne annuso lodore. Un fetore nauseabondo.
Assaporo la sua anima. Una lama cremisi piantata nella mia carne.
Mi scoppia il cuore. Poi, più nulla.
Ora il treno è fermo. Forse sono salvo.
Forse.