Il piccolo Allan

Il piccolo Allan si era fatto davvero strano negli ultimi giorni.
Usciva pochissimo dalla sua camera, e si spingeva al massimo fino al garage o al cortile davanti casa.
I suoi genitori erano preoccupati, il suo comportamento in genere acuto e vivace, era del tutto incomprensibile.
Quando usciva lo vedevano infatti frugare nelle aiuole del giardino, sotto i grandi alberi ombrosi alla ricerca di rami o piccoli bastoni di legno, che osservava e scartava con minuzia, raccogliendone poi dei piccoli mazzi che si portava fino in camera.
Qui, scoprì la madre quando il piccolo non c'era, li confrontava con un grosso libro illustrato sulle piante.
Era impossibile parlargli.
Generalmente non apriva bocca, era schivo oltre ogni modo, e cercava di nascondere come meglio poteva i suoi occhi languidi e arrossati.
Rispondeva solo: sto bene... e poi andava a rintanarsi nella sua stanzetta.

 

La sera era più attivo, ma non guardava mai la tv, neanche i cartoni.
Passeggiava a lungo nel cortile, fra l'aleggiare delle foglie secche, col colletto del giubbottino alzato per proteggersi dal vento. Talvolta si allontanava di qualche decina di metri dalla casa, fin nel giardino della chiesa, dove di certo si soffermava a toccare le cortecce degli alberi e ad esaminarne le foglie. Di tanto in tanto, infatti, tornava con dei rami spezzati nascosti sotto il cappottino o dietro la schiena, e saliva velocemente a chiudersi nella sua cameretta.
Il piccolo Allan si comportava da strano ultimamente, non c’è che dire.
Con grande sorpresa del papà e della mamma, il taciturno e forse malaticcio bambino ebbe un improvviso impeto di rabbia quando una di queste sere la nonna lo venne a trovare. E, dopo le urla più cattive e violente che un bambino potesse lanciare, Allan scappò a rifugiarsi nel garage con le lacrime che scendevano copiose dagli occhi gonfi. La nonna scese dalla sua stanza visibilmente triste, e rammaricata per il piccino che tante e tante sere aveva accudito nel plaid, dondolato sulle sue ginocchia e accarezzato vicino al caminetto. Mamma e papà tentarono di rincuorarla, dicendole che non aveva colpa e cedendo anch'essi a un singhiozzio disperato.

Nel frattempo il piccolo Allan aveva trovato il suo rametto, e così rientrò di soppiatto dalla cucina e corse a chiudersi in camera sua.
Dopo un po' la mamma, ancora scossa e sfibrata, tornò a cucinare le verdure per rilassarsi, e si accorse che il coltello con cui le stava affettando non c'era più.

 

Intanto Allan era più di mezz'ora che tagliuzzava il suo pezzo di legno.

 

La mamma disse tutto al papà e insieme salirono di sopra, urlando, facendo i gradini a quattro a quattro come forsennati.

 

Il piccolo, dopo un po' di inaspettate indecisioni, aveva escogitato un metodo efficace e sicuro. Si puntò il legno acuminato sulla magliettina, proprio dove c'era il cuore. Poi contò fino a tre, lo tenne forte con le mani, e mentre piangeva corse con tutta la forza che aveva contro il muro.
L'impatto fu davvero devastante. Il sangue schizzò ovunque, sul muro e per terra, sulla coperta colorata del lettino, e sulle tinte a pastello dell'armadietto. In breve la magliettina si fece tutta rossa e appiccicosa, e il piccolo cadde a terra con gli occhi sbarrati.

 

Come aveva previsto, coi i suoi ultimi virgulti vide le dita della vecchia sul suo davanzale.
La nonna saltò dentro con uno sbuffo d’alito fetido, e si lanciò verso il pezzo di ramo tentando di staccarglielo. Ma in quel momento il piccolo Allan cacciò dalla tasca una boccetta d'acqua, la strinse e poi gliela lanciò sulla faccia.
La nonna cadde preda di smorfie terrificanti, e mentre parte del viso le si consumava, con le lunghe dita si artigliò il volto e crollò a terra, rivoltandosi per il dolore.
Un dolce sorriso liberatorio si formò e svanì dal volto del bambino, che si consumò in pochi istanti, fino alla cenere.

 

Allan aveva chiuso a chiave per la prima volta.
Papà spiò dalla serratura e gli sembrò di vedere qualcosa volare giù dalla finestra. I rumori erano stati stranissimi, soprattutto dei versi striduli e dei tonfi. La mamma urlava disperata, e poco dopo il papà sfondò la porta.
Dentro non restava altro che della cenere sparsa per terra, pezzi di rami disseminati per la camera e alcuni sconvolgenti schizzi rossi lungo il muro, che lentamente stavano svanendo. La mamma si fece prendere dalla disperazione, quasi impazzì. Le lacrime le scorrevano ai lati della bocca, tesa in un urlo stridulo e agghiacciante.
L'uomo scrutò fuori dalla finestra urlando il nome del suo bimbo, e mentre le sue grida si facevano fumo nell'aria fredda della notte, qualche metro sotto di lui la vecchia sfigurata restava immobile, rintanata dietro a un cespuglio come un animale rabbioso.
Poi lui si volse, ed ella strisciò via nel giardino e si dileguò.

Negli istanti che seguirono il silenzio avvolse i due genitori, soli nella stanza con addosso l'incredulità più angosciosa, immobili davanti al piccolo libro illustrato, fermo all'immagine d’uno splendido frassino.

Matteo Carriero