Barcollava
come un ubriaco a fine serata.
Girovagava da ore per le strade deserte di quella città che non riconosceva più.
La notte, macchiata dalle luci dei lampioni, era pervasa da un velo di nebbia candida come
lo zucchero filato.
Un gruppo di ragazzi, in penombra, intorno a un grosso stereo, danzavano al ritmo
martellante di musica house.
Troppo pericoloso. Pensò.
Proseguì, aggrappandosi ora ad una macchina, subito dopo al muro di quei palazzi grigi,
tutti uguali.
D'un tratto si fermò, vomitò sangue. I conati proseguirono per alcuni secondi
accompagnati da dolori lancinanti. Sembravano non finire mai.
Quando si riprese la vista era più nitida. Stava decisamente meglio.
Riusciva a muoversi senza doversi reggere.
A lato strada un ragazzo dai capelli rasati e dal chiaro aspetto da skin la stava
osservando.
Uno sguardo cattivo.
"Ehi tu sporca negra, questo non è il tuo quartiere, tornatene nelle fogne!"
avanzando verso la donna.
Lei non rispose. Barcollò.
"Hai capito testa di cazzo di una negra?".
Il primo calcio raggiunse la donna nello stomaco. Barcollò.
Ogni singolo muscolo del ragazzo era teso dall'adrenalina. Colpì ancora e ancora e
ancora.
E' morta pensò, sorridendo soddisfatto.
Si avvicinò, le girò la testa prendendole i capelli.
Aveva ragione era morta, ma non nel senso stretto del termine.
La bocca affamata raggiunse il collo del giovane. La carne cedette sotto la pressione dei
denti. Il dolce gusto del sangue inondò la gola della donna. Uno zuccherato bocconcino di
umana bontà.
Il secondo morso lo raggiunse poco sotto il mento. Nei rantoli delle sue ultime boccate
d'ossigeno terminò di vivere. Lei si nutrì strappando pezzi di carne fresca, masticando
con calma, fissando gli occhi spalancati del suo assalitore.
Troppo facile. Pensò.
Si alzò, pulendosi le mani contro i jeans. Ruttò.
Si allontanò a passi lenti.
Barcollò.