Intorno a
me non c'era un accidenti di niente, solo una nebbia fittissima che mi avvolgeva col suo
mantello grigio, riempiendomi il cuore e la mente d'angoscia.
Il cielo era solo una speranza da cercare con gli occhi della fantasia più che con quelli
della realtà e le stelle poi... sì, le stelle... Magari avessi potuto vederle. Quanto
alla luna... semplicemente pareva non ci fosse mai stata, né potesse esistere.
Accesi una sigaretta, e il fumo che da essa si levò divenne all'istante nebbia nella
nebbia; solo il puntino luminoso della brace mi diede un po' di conforto, ma fu un istante
effimero, troppo breve perché io potessi assaporarlo appieno.
Mi strinsi nel giaccone e cercai di convincermi che la sensazione di gelo che provavo
fosse dovuta solo alla temperatura rigida, e non alla paura che avvertivo e che sentivo
farsi sempre più forte.
Ero lì, e avevo il mio paletto nella mano destra: un banalissimo paletto di frassino, ma
talmente appuntito da poter penetrare senza sforzo alcuno nel petto della creatura che
stavo aspettando; al collo avevo appeso un piccolo crocifisso d'oro e nella mano sinistra
stringevo un mazzetto d'aglio.
Ero pronto: quando l'essere fosse arrivato, io sarei stato lì a riceverlo e finalmente
avrei fatto trovare la pace, quella eterna, alla sua anima dannata.
Io sarei stato colui che avrebbe debellato il flagello che si era abbattuto sulla nostra
ridente cittadina; io avrei ucciso il vampiro, il non morto, quell'essere diabolico che
durante la notte spargeva terrore per tutto il borgo.
Sì, io avrei posto fine a tutto ciò; e sarei diventato un eroe agli occhi dei miei
compaesani. Finalmente non sarei più stato Janus il gobbo, ma Janus il salvatore... Janus
l'eroe, l'uccisore del vampiro.
Avrebbero ricordato con gioia il mio nome per generazioni e generazioni, perché io avevo
scovato il nascondiglio del vampiro... io avevo avuto la folgorazione che il mostro si
celasse all'interno della chiesa sconsacrata. Tutti avrebbero dovuto essermi grati del mio
gesto generoso, dell'atto che avrei compiuto, di lì a poco, con sprezzo del pericolo, con
grande audacia, con sommo valore!
Non avrei avuto esitazione alcuna nel piantargli il paletto acuminato nel cuore, nello
scavare fra le sue carni fintamente morte allo scopo di ammazzarle davvero: quando avessi
finalmente visto un fiotto di sangue rossastro sprizzare dallo squarcio che gli avrei
aperto, allora avrei capito di avercela fatta. E non ne avevo il minimo dubbio.
Già pensavo alla mia gente, colma di gratitudine, che mi tributava grandi onori e mi
ricopriva di ricchezze; tutti avrebbero benedetto il mio nome in eterno. Già m'immaginavo
ricco e felice, mentre la mia gibbosità sarebbe svanita sotto il cumulo di tesori che
m'avrebbero donato. Un eroe, un vero eroe... Che cosa sarebbe importata la mia deformità,
allora, e chi... Chi ci avrebbe fatto più caso?
Dio, com'ero grande, com'ero potente... com'ero sicuro di me stesso...
Un artiglio gelido mi strappò dal collo il crocifisso e lo gettò lontano, mentre un
grido di rabbioso dolore si levava alle mie spalle, provocato dal contatto che il vampiro
aveva avuto col mio pendaglio; l'ormai inutile mazzo d'aglio mi cadde di mano, insieme col
paletto di frassino. Sentii i suoi denti aguzzi penetrarmi nella giugulare e un rivolo di
sangue caldo iniziò a scorrermi lungo il collo, macchiandomi il giaccone di rosso: il
mostro m'aveva colto di sorpresa, prendendomi alle spalle, mentre io ero immerso in sogni
di gloria che, ora lo capivo, non si sarebbero mai avverati.
Scoppiai a piangere disperato, non per il dolore - che in verità non avevo minimamente
avvertito -, quanto per la consapevolezza che il mio nome non sarebbe stato benedetto, ma
maledetto per sempre da coloro che volevo salvare: il morso del vampiro m'aveva
contagiato, m'aveva reso simile a lui e io capii che...
... Che io... No, io non sarei mai stato ricordato come Janus il salvatore, Janus
l'eroe... Ma come Janus il mostro... Janus, il vampiro...
Proprio vero: "Sic transit gloria mundi"...