Era
parecchio tempo che fuggiva. Nella foresta regnavano le tenebre e la fitta nebbia
autunnale avvolgeva il paesaggio con un alone di mistero. I rami nerboruti e bassi gli
ostruivano il passaggio e gli aculei dei rovi gli si conficcavano nei vestiti,
lacerandogli la pelle e le carni. Correva senza fermarsi. Il sangue colava sul suo viso
con flusso costante, negandogli la possibilità di vedere dinnanzi a sé e di respirare.
Sentiva il sudore impastarsi con i vestiti che, aderenti al corpo, gli impedivano di
correre velocemente. Le gambe gli facevano male ma non poteva fermarsi perché sapeva che
quell'essere gli era alle spalle.
Ad un tratto ripensò a quello che gli era successo, quando era entrato in quella casa,
del buio che la invadeva, del freddo che vi aveva sentito. Gli ritornò in mente il
cigolio sommesso della porta; risentì quel respiro affannoso, rivide quegli occhi lucenti
nel buio della stanza. Ebbe i brividi ripensando a quella mano gelida che gli aveva
stretto il braccio e che poi era salita su, verso la spalla, fino ad arrivare al collo.
Inorridì al pensiero del dolore che aveva provato quando i denti di quell'essere gli si
erano conficcati nel cranio, quando la vista gli si era offuscata ed il primo getto di
sangue aveva iniziato a sgorgare. Ripensò, infine, al pugno che aveva sferrato nello
stomaco dell'aggressore, alla mano che vi era penetrata con facilità e che gli aveva
permesso di divincolarsi dalla presa e di fuggire nel bosco.
Correva a perdifiato. I rami iniziavano a diradarsi e poteva fuggire più velocemente. Le
fronde, ora meno fitte, lasciavano intravedere il cielo. Guardando in alto vide la luna.
Fu per lui come ritrovare unamica persa in una marea di persone sconosciute.
Notò poi tra gli alberi, alla sua destra, un sentiero. Una nuova speranza gli si
affacciò alla mente. Corse in quella direzione. Ora riusciva a procedere velocemente
senza incontrare alcun ostacolo. Era contento, quasi rideva per la fortuna di aver scorto
quel passaggio.
Udì poi un fruscio alle sue spalle. Sentì una mano afferrargli la caviglia e cadde a
terra. Urtò il suolo con la testa e rimase stordito. L'umido odore della terra fredda si
fondeva col calore del suo sangue che continuava ad uscire dalla ferita. Intanto
quell'affannoso respiro gli era ritornato all'orecchio e lui sapeva che quell'essere era
lì, alle sue spalle. Alzò la testa e volse lo sguardo dietro. L'agghiacciante bianco di
quegli occhi si ripresentò alla sua vista, lucente come la luna in uno sprazzo di cielo
sgombro da nuvole. Abbassò lo sguardo, vide la voragine tra la carne del petto del suo
aggressore dalla quale sgorgava un liquido di colore intenso, quasi nero. Inorridì a
quella vista. Quell'essere restava immobile e continuava a fissarlo. Avrebbe voluto
chiedergli chi fosse, cosa volesse, ma dalla sua bocca non uscivano che brevi suoni
inarticolati. A un tratto le forze sembrarono ritornargli; cercò di liberarsi ma la
stretta era molto forte. Diede uno strattone e la mano dell'aggressore scivolò dalla
caviglia al piede, dove ritornò a stringere con decisione. Concentrò tutte le energie
che gli rimanevano e iniziò a tirare con disperazione. Quando era quasi allo stremo delle
forze s'accorse che la presa si stava allentando. Sentì la scarpa sfilarsi e, finalmente,
il piede fu libero. Si alzò prontamente ma quella mano gelida lo colpì con un pugno alle
reni. Rovinò nuovamente a terra. Con la vista distingueva a malapena le forme degli
alberi. Tastando il terreno, sentì sotto le mani un ramo, vicino a lui. Lo afferrò e lo
strinse saldamente. Si alzò. Il viso di quell'essere era ad un palmo dal suo naso, il
bianco delle pupille gli riempiva gli occhi e quel respiro affannoso gli passava caldo
sulle guance. Senza esitazione alzò il bastone e lo scagliò sulla testa di quella
creatura. Il legno le penetrò nel cranio. Quel cupo liquido ricominciò a sgorgare ed uno
zampillo gli schizzò la faccia. Si girò di scatto ed iniziò a pulirsi con la manica. Si
volse nuovamente e lo vide accasciato a terra. Emise un sospiro di sollievo e cadde in
ginocchio, stremato, ma felice. Poi trovò la forza di rialzarsi e gli si avvicinò, lo
esaminò dalla testa ai piedi: non era un uomo, le gambe erano troppo lunghe e slanciate,
l'addome basso e tozzo, le braccia magre ed interminabili; le mani, dalle quattro lunghe
dita, erano dotate di unghie affilate come coltelli. La pelle del corpo era viscida e
biancastra tanto che si potevano scorgere gli organi interni. Guardò poi la testa, due
lunghi ed aguzzi denti uscivano da una bocca relativamente piccola se proporzionata agli
altri lineamenti del viso, il naso era appena pronunciato, gli occhi, bianchi più che
mai, apparivano, sotto la luce della luna e sotto le palpebre quasi trasparenti, come due
palle inconsistenti di gelatina che fuoriuscivano per buona parte dalle orbite. Oltre la
sottile pelle della testa appariva una semisfera liscia e bruna, 'Il cervello di questo
fottuto essere!' pensò. Allimprovviso le palpebre si riaprirono e quegli occhi
inquietanti lo fissarono. Inorridì e si chiese perché non fosse ancora morto, tuttavia
non trovò il coraggio per colpirlo nuovamente, anzi, riuscì a stento a girarsi ed a
riprendere la corsa disperatamente.
Proseguì per un centinaio di passi fino a quando scorse in lontananza, tra gli alberi,
delle luci. Una strada, pensò, o forse una casa e l'allegria gli ritornò sul viso.
Vedeva le luci ingrossarsi ad ogni passo, come una cosa cercata da tanto tempo che poi si
presenta a portata di mano con estrema facilità. Era quasi arrivato, le piante si stavano
diradando, quasi volessero lasciargli una piena visuale di quei bagliori. I suoi muscoli
erano esausti. Arrivò finalmente là dove il bosco aveva fine, e i nodosi alberi
lasciavano spazio ad una calma distesa d'erba che appariva lucida sotto il riflesso della
luna. Risentì il respiro affannoso avvicinarsi. Si chiese come avesse fatto
quellessere a non morire, poco prima, nella foresta. Questi pensieri, tuttavia, non
lo preoccupavano più perché ormai era salvo. Osservò nuovamente l'immenso prato che gli
si offriva dinnanzi, ma un brivido gelido gli percorse tutto il corpo: lui, quel posto
l'aveva già visto! Alzò timoroso lo sguardo e si ritrovò davanti a quella casa. Alle
sue spalle quel respiro risuonava tetro e sempre più vicino. Le forze gli si erano
esaurite, non riusciva più a muoversi. Chiuse gli occhi. Fu allora che capì di essere in
trappola.