Julien de
Rivaux era il miglior pittore della regione. Era giovane e ambizioso, e i suoi quadri
così insoliti erano i più ammirati e commentati alle mostre d'arte; moltissima gente
andava a visitarle solo per vedere le sue opere e poterlo raccontare agli amici snob
sorseggiando un calice di pregiato vino rosso. Insomma, in poche parole, era l'uomo del
momento.
Dal canto suo, Julien, un ventitreenne alto, con i capelli neri fino alle spalle e gli
occhi verdi, non poteva credere alla fama che da un giorno al'laltro lo aveva sommerso:
era invitato a feste, banchetti e cerimonie, anche se lui non vedeva l'ora di tornarsene
nel suo appartamento a dipingere, per allontanarsi da quel mondo fatto di luci a cui lui
non apparteneva. Ciò che lo tratteneva dal farlo definitivamente era la sua ambizione
feroce, la voglia di arrivare in alto a tutti i costi, e se andare a quelle noiose feste e
conoscere tutta quella gente ipocrita ma importante gli serviva beh, che fosse.
Ma nessuno conosceva il segreto dei meravigliosi quadri di Julien, e d'altro canto lui non
l'avrebbe mai rivelato ad anima viva. Era iniziato tutto in una fredda serata invernale di
circa un anno prima.
Era andato nel bar sotto casa, per farsi una birra, e poco dopo era entrata una ragazza,
che Julien non aveva potuto fare a meno di rimanere a fissare incantato. Era di una
bellezza fulminante: il corpo perfetto, slanciato, il viso che sembrava preso direttamente
da una statua greca d'immortale splendore. I capelli castani le si riversavano sulle
spalle in morbidi boccoli, e i grandi occhi scuri vagavano per il locale, forse in cerca
di qualcuno che aspettava.
La ragazza si sedette ad un tavolo poco lontano da quello a cui stava Julien e ordinò da
bere.
Il giovane rimase a guardarla per molto tempo, vedendola intristirsi sempre di più a mano
a mano che il tempo passava, poi alla fine si decise: si alzò, pagò la sua birra e si
avvicinò alla ragazza.
Lei sollevò lo sguardo su di lui e gli sorrise, così per Julien fu più facile iniziare
a parlare.
Ciao! disse, rispondendo al suo sorriso. Sai, io sono un pittore, e beh, vorresti farmi da
modella?
Modella? Io? chiese la ragazza, stupita da quella domanda così diretta.
Sì! Te lo ha mai detto nessuno che sei bella come una statua?
No rispose lei, arrossendo compiaciuta.
E' un vero peccato affermò Julien, con il suo miglior sorriso da seduttore.
Poco dopo erano nel suo appartamento, e lui preparava i colori mentre la ragazza, che si
chiamava Lyse, si spogliava in un angolo.
Julien iniziò a tracciare le linee guida del suo dipinto, ma la ragazza non aveva la
postura giusta.
Pazienza, pensò, con quel viso e quel corpo non è importantissima la postura.
Ma andando avanti dovette ricredersi. Lyse continuava a perdere la posizione che lui le
aveva fatto assumere, così non riusciva a farsi unidea dell'immagine esatta che avrebbe
dovuto riprodurre sulla tela. Era esasperante, così si alzò dal suo sgabello e le si
avvicinò. Le spostò braccia e gambe, e le fece voltare un poco la testa; così facendo
le si trovò vicinissimo, e d'impulso cercò di baciarla. Ma la ragazza non era dello
stesso avviso e lo allontanò con una spinta, poi si alzò di scatto, raccolse i suoi
vestiti e fece per allontanarsi di corsa, ma Julien la fermò. Era accecato dall'ira per
essere stato rifiutato, e in più quella puttana avrebbe potuto denunciarlo, mettendo
così fine alla sua neonata e promettente carriera. Così, senza nemmeno accorgersi di
quello che stava facendo, le piantò il pennello che ancora aveva in mano alla base del
collo. La ragazza si accasciò quasi immediatamente a terra, sui fogli di plastica con cui
Julien aveva coperto il pavimento per proteggerlo dagli schizzi di vernice; non un suono
sfuggì dalle sue labbra perfette. Julien rimase qualche secondo a fissarla inebetito, poi
si chinò e, quasi in trance, intinse le setole del pennello nella pozza di sangue della
ragazza. Tornò davanti alla tela e iniziò a dipingere: finalmente emergevano le forme
che lui desiderava, esattamente quelle che Lyse non aveva saputo dargli. Almeno, non da
viva.
Andò avanti così tutta la notte, facendo la spola tra il cadavere e il cavalletto,
diluendo il sangue che si coagulava con l'acquaragia.
Il risultato fu un quadro di incredibile bellezza, un nudo di donna rosso su sfondo nero.
In quella tela cera tutto il sentimento che Julien aveva dentro, e tutta la bellezza della
ragazza.
Era soddisfatto. Sfinito, ma completamente soddisfatto.
Guardò il cadavere sul pavimento e una smorfia distorse il suo bel volto.
Doveva sbarazzarsene, non poteva lasciarla lì.
Questo era successo circa un anno prima, e da allora Julien aveva decisamente fatto
carriera.
Una sera, ad una delle feste organizzate in suo onore, conobbe Marie. Era bella,
bellissima, e sembrava avere un debole per lui. La portò a casa sua, le offrì dello
champagne, e quando fu abbastanza brilla le chiese di posare per lui. Ovviamente, la
ragazza non se lo fece ripetere due volte, si spogliò immediatamente e si sistemò
esattamente nella posizione che Julien le aveva indicato.
Usando il colore che aveva preso dall'ultima ragazza che aveva usato come modella, il
giovane artista iniziò a dipingere, ma quasi subito dovette interrompersi: aveva bevuto
parecchio anche lui, e la natura chiamava. Con urgenza.
Scusami solo un attimo, mia divina musa disse con un sorriso ammaliante, posando tavolozza
e pennello. Torno subito.
Mentre lui andava in bagno, la ragazza si infilò la camicetta, e barcollando prese a
vagare per l'appartamento semibuio. Julien non aveva mai cambiato casa, era sempre rimasto
nel piccolo locale che lo aveva ospitato quando era ancora uno squattrinato artista di
strada: il trasloco avrebbe potuto far sì che qualcuno scoprisse il suo segreto, e questa
era l'ultima cosa che voleva.
Marie arrivò nel soggiorno, e stava quasi per tornare indietro, quando notò le molte
statue presenti nella stanza; rappresentavano tutte delle giovani donne, nelle pose più
svariate, ma tutte stupende. Emanavano un'aura di leggerezza che sconfinava dal regno
umano. Si avvicinò ad una di esse e ne accarezzò la spalla perfetta con la punta delle
dita. Ma la sbornia le giocò un brutto scherzo, e proprio in quel momento scivolò e
perse lequilibrio. Senza pensarci si appoggiò alla statua, che cadde addosso ad un'altra.
Entrambe rovinarono a terra, frantumandosi. Marie urlò lasciando cadere la coppa di
champagne e portandosi le mani alla bocca: quello che si era rotto nella caduta era solo
lo strato superficiale; sotto il volto di statua la fissavano due occhi vitrei e
spalancati. Due occhi morti.
Si voltò di scatto per scappare, ma si trovò davanti Julien, che guardava con
indifferenza i resti delle sculture e i due cadaveri sul pavimento.
Non avresti dovuto andartene in giro mormorò il ragazzo, spostando gli occhi su di lei.
Marie si accorse che in essi non vi era più la minima traccia di umanità. Solo quando
Julien fece un passo verso di lei, però, si rese conto del pennello che aveva in mano.
Cercò di urlare, ma le sue corde vocali si rifiutarono di vibare, cercò di ripararsi con
le mani, ma le sue braccia si rifiutarono di sollevarsi. L'ultima cosa che vide prima che
l'arma le si piantasse nella gola fu il bel viso di Julien distorto in un ghigno omicida.
Il ragazzo lavorò tutto il giorno, e finalmente la sera seguente potè ammirare la sua
nuova creazione: una statua di donna, pressochè a grandezza naturale. Aveva ricoperto il
corpo di Marie con uno spesso strato di gesso, poi l'aveva levigato alla perfezione; ora
faceva bella mostra di sè nel soggiorno del suo appartamento, insieme con le altre.
Julien sorrise soddisfatto, poi si buttò sul letto vestito e si addormentò
immediatamente.
Aveva ucciso più di venticinque ragazze, da cui aveva tratto una quarantina di quadri. Ci
aveva preso gusto, le uccideva con un piacere immenso; d'altra parte, la sua carriera e il
suo futuro dipendevano da quelle ragazze, e a lui di tutte quelle puttanelle non importava
un fico secco. L'unica cosa che gli interessava era l'arte. La sua era arte pura.