Elogio alla bestia

Fremente, accovacciata nei meandri oscuri del corpo, meditativa, insorge folle di clamorosa quiete. Si dispera isterica d'un tacito lamento, segni rossi, segni rossi e sanguinanti sulle braccia della bestia.
Una notte che è il grembo del male che soffre, una allucinata notte è la sua proclamazione.
Pasce la bestia striata di nero, virulenta, sotto la bianca pelle, enorme, maestosa, attende il trionfo, le scarlatte legioni della sua incombente ombra.
Bianca rifulge nella tenebra, ansima, forgia un informe odio, sottile, una furia schiacciante e distruttiva come vampa che annichilisce se stessa.
Freme la potenza sua nel ventre affannoso, cerca disperata il sangue, brama titanica e antica la carne degli insulsi suoi balocchi. Abbranca prigioniera di catene di menzogna, veste una maschera perversa, annullatrice, che non conosce ostacoli ma smarrita, vana, poiché troppo antica, una primitiva divinità persasi nei secoli, oscura, malvagia, ignorante, che brutalizza se stessa pur di non uccidere, soffoca infine nel proprio sangue i propri preistorici affanni.
Si ingigantisce poi nella forza che la tiene schiava orribilmente conscia della propria grandezza, si erge imperiosa, ma troppo tempo è passato, uno sbiadito ricordo, poi l'offuscamento della pazzia, l'impotenza dell'umanità, la paura della carne che brucia pur restando simbioticamente artigliata alle nere ossa.
Ecco la trama, che è accarezzata dalle parole come una perla nella sua conchiglia.

Il sangue della necrofilia e l'estasiante sapore dell'omicidio chiamano l'araldo dell'anima a compiere i primitivi rituali delle tenebre poiché il sangue cancella ogni effimera, benefica forza.
Ma è anche vero che le fiamme dell'odio sono così pure che uccidono chi le avvampa, poiché possidenti d'antichi segreti, barbarici furori.
"Io sono il nero capro del male e della possanza, io sono l'antichità e la forza, la mia carne non può provare dolore, i miei sensi sono raffinata, perversa seduzione, le mie membra ardono poiché posso uccidere tutto."

 

Cosa ferma l'insorgere titanico dell'atavico animale?
Un inganno infelice,
una logica tristemente studiata.
Una fragile forza più vile della paura, nuova, nuova come l'età della plastica.
È il collettivo, robotico cerchio della società ad arrestare la bestia, una schiera di input vomitevoli e pesanti come catene.
L'impulso è immenso e logorante, il fuoco brucia, arde doloroso pervadendo le sue membra.
La bestia ora muore, come muore ogni notte invero.
Infine muore la bestia e caldo il suo sangue sa di lacrima e ciliegia.

Davide Giannicolo