Mai dopo il tramonto

Racconto per il concorso "Premio Scheletri", 2010 - edizione 2

Un'ombra tra le tombe. Perché sono rimasto così a lungo? E' quasi buio, il cimitero sta chiudendo e in giro non c'è più nessuno. Tranne... Eccolo, ora lo vedo bene. Oscuro, silenzioso, si avvicina. Vai via, vattene! Mi ha sfiorato ne sono certo, come una carezza di velluto, un brivido di morte sulla pelle.
Impongo a me stesso di mantenere i nervi saldi, in fondo non è nulla, accade spesso dicono, specie in questi luoghi. L’importante è non perdere la testa.
Basta percorrere tutto il viale fino alla cappella, poi devo andare a destra e sono fuori. Cerco di ignorare gli edifici di lapidi sui lati: gli inquilini dell’ultimo condominio sembrano altrettanto indifferenti. Chissà se fanno riunioni tra di loro? Forse discutono sulla falsità dei vivi che ancora li perseguita: la gente viene qui e porta fiori finti, che non appassiscono ma si coprono di polvere.
Proprio perché ci sto pensando, all’improvviso un vaso di garofani mi si rovescia addosso e si sparge sulla ghiaia. E' lui! Di nuovo un'ombra nera di sfuggita, neanche il minimo rumore. Allora mi stai seguendo.

Odore di marcio e di acqua putrida sale dal laghetto versato tra le pietre, supero un groviglio di petali e di gambi e prendo un decisione: adesso ti sistemo io. Credi di essere immortale perché ti aggiri in questi luoghi, ma ti farò cambiare idea.
Mi occorre solo un’arma: eccola, c'è una vanga appoggiata contro un muro, non è difficile immaginare a cosa sia servita. L'afferro e mi guardo in giro: non credere di terrorizzarmi lì dietro, vediamo se schivi questa. Niente... sparito. Allora sei incorporeo. Ma no, eccoti di nuovo accovacciato in una nicchia, sulla spalla di una statua senza testa. Sei in trappola, stavolta ti becco: Bham! Qualcosa di nero schizza in aria come un proiettile e si abbatte su di me; non è incorporeo, è una massa molle che mi si attacca al viso e soffoca l’urlo di terrore; sguscia, si contorce, scivola fino a terra mentre mi sento dilaniare. Sono ferito, solchi sottili mi bruciano la pelle, non ho più via di scampo.
Rimane l'ultima risorsa. Prendo la mira e sferro un grande calcio: Miiiaauuuuuu.
Ecco perché ti dicono che porti iella. Sudicio e insanguinato, barcollo fino ai cipressi dell’uscita. Ce l’ho fatta!

Cristiana Bartolini