Sono chiusa
in una cella orribile, le pareti, con una specie di carta da parati verde acqua con dei
fiori, sono intrise di puzzolente umidità, e dire che io, IO, dovrei avere un trattamento
di privilegio, specie in un posto come questo... nella piccola cella c'è solo un piccolo
tavolo con una sedia, e un mobiletto con una bacinella d'acqua per la mia sacrosanta
igiene. Per fortuna almeno c'è un piccolo paravento, che non permette ai miei guardiani
di vedermi, mentre sono in questo misero stato, rinchiusa come una criminale... forse lo
sono, forse no, non so più niente, so solo che per me è finita.
Attraverso le sbarre della cella quei due mi scrutano, cercano di vedere quello che
faccio, curiosi di vedere come mi comporto nella cella, ma io rimango composta, come si
addice al mio rango.
Ma.. .è già notte, e io sono stanca, tanto stanca... mi adagio lentamente sul mio
pagliericcio... sto pensando a mio marito, morto da qualche mese, ma non riesco a versare
che poche lacrime, e mi addormento, col mio vestito nero, da lutto.
Il pagliericcio è estremamente scomodo e punge il mio corpo... sono disperata, ho la
febbre... la mia fronte è calda, e mi gira la testa... purtroppo tra un pò le mie
sofferenze avranno un termine definitivo.
Io amo, vivere, perchè, perchè vogliono uccidermi a tutti i costi?
E' l'alba, il sole mi desta dal mio stato di dormiveglia. Sono insensibile ai sintomi
della febbre, è come se fossi in uno stato di trance.
Passo le ultime ore della mia vita scrivendo una lettera all'unico amore della mia vita,
con la consapevolezza che quasi certamente non la riceverà, e questa consapevolezza mi
dilania l'anima. Do la lettera ad un guardiano, e qualche ora dopo, un mucchio di gente
viene dinanzi alla mia cella per offendermi e sbeffeggiarmi... ormai ci ho fatto il callo,
ma dietro il mio paravento, piango.
Passa un indefinibile lasso di tempo, e poi arrivano tre donne. Loro mi levano l'abito da
lutto e mi fanno indossare un abito bianco.
Ormai priva di ogni dignità, mi fanno salire sull'infame mezzo di trasporto e mi portano
verso il patibolo.
Durante il tragitto, la gente per strada mi tira addosso sassi e verdure marce, nonostante
i guardiani cerchino di tenere a freno la folla.
Arrivo infine al patibolo, tra la gioia e gli sberleffi di un'intera nazione. Ma la regina
Maria Antonietta di Francia dimostrerà loro come si muore con dignità! Salgo le scale a
testa alta, ma inciampo su un gradino e pesto un piede al mio boia. Gli chiedo scusa, con
un'eleganza innata data dal sangue reale che scorre nelle mie vene. Non faccio più caso
alle grida dei miei ingrati connazionali, e con un movimento del capo getto via la cuffia
che ho in testa.
Lentamente mi stendono sull'orribile asse di legno, e mi legano.
PAURA. Ho davvero un paura folle, vorrei gridare come una pazza, ma non ne ho la forza, la
voce mi si strozza in gola... comincio nuovamente a sentire i sintomi della febbre, sto
male. Non pensavo finisse così, ma i miei occhi trasudano terrore, nonostante io volessi
morire con dignità... maledizione Maria Antonietta, ricomponiti! Mentre il boia legge le
accuse a mio carico mi ricompongo. Finita la sentenza, il boia si accinge a tagliare la
corda che regge la lama.
Calma, devo stare calma, tra un pò sarà finita... ZAC
CHE SUCCEDE? Sento un dolore allucinante, mi prendono per i capelli e un uomo mostra alla folla il mo volto... sento un dolore allucinante, indescrivibile, riesco per qualche secondo a pensare solo al dolore che sento! Ho gli occhi sgranati, e con la coda dell'occhio vedo... il mio corpo adagiato sull'asse, ormai privo di vita! Com'è possibile che io sia ancora, viva, questo è un incubo! La gente ride, urla acclama e festeggia per la mia morte. Il mio corpo viene gettato in un cesto ai piedi del patibolo... Che succede, ora anche io vengo gettata lì... Un odore terribile, vedo carne putrefatta intorno a me, vermi ovunque, mi entrano nelle narici, e io non posso fare niente... dolore, dolore DOLOREEEEEE!
E' scientificamente provato che una testa staccata dal corpo sopravvive ancora per un lasso di tempo intorno ai due minuti.