Nuvole nere
sovrastavano il cielo color del ghiaccio. Una nebbiolina uggiosa nascondeva la vasta
pianura che si estendeva a perdita docchio. I soldati in prima linea che formavano
il murus erano in silenzio.
Marco Valente, generale dellottava legione Valentiniana, scrutava con lo sguardo
lorizzonte assorto da mille pensieri. Il generale fece segno al primipilo Claudio
Stabiano di muovere verso il piccolo villaggio. La prima linea iniziò ad avanzare
lentamente. Il bosco cadde in un silenzio inquietante. I cinquemila soldati della
Valentiniana si mossero compatti. La prima linea serrò i ranghi. Lunico rumore
prodotto era quello dello scutum che sbatteva sul compagno al fianco sinistro. Valente,
sopra al suo cavallo, vide per primo la piccola palizzata di legno, inconsistente difesa
contro i legionari. I soldati si fermarono a venti passi dal muro di legno. Marco si mosse
tra i ranghi fino alla prima linea per dar sostegno ai suoi uomini. Stava per dare il
segnale quando frecce incendiarie solcarono il cielo. I legionari colti di sorpresa non si
pararono con lo scudo. Urla di dolore spezzarono il silenzio. Marco vide due legionari che
gli erano ai fianchi trafitti dalle frecce cadere senza un gemito. Una seconda raffica si
alzò lasciando una scia di fumo nel cielo ormai completamente oscurato dalle nubi.
Valente chiamò a gran voce la testudo. I legionari vicini che lo sentirono si disposero
velocemente per contrastare
le frecce. Molti dardi infuocati si andarono a schiantare sugli scudi alti sopra la testa.
In pochi secondi tutta lottava legione si dispose a testuggine ed incominciò ad
avanzare verso il portone in legno. Altre tre raffiche di frecce incendiarie solcarono il
cielo, questa volta senza fare vittime. A dieci passi dalla meta la porta si spalancò
improvvisamente. Uomini ricoperti di pelli, con in mano delle lance ricavate da rami e
alberi si gettarono contro i romani. Molti barbari furono falciati dai pilum
tempestivamente imbracciati dai legionari.
Lo scontro fu violento. La prima linea assorbì il colpo e spinse in avanti. Corpi
mutilati. Sangue. Urla di dolore.
Marco Valente si guardò intorno e gli sembrò di essere finito nellarena dove i
gladiatori si uccidevano come animali.
Imbrattato di sangue si buttò allinterno del villaggio seguito dalla sua guardia
personale. Una freccia si piantò nel collo del cavallo che lo sbalzò da terra.
Frastornato dalla botta si rialzò a fatica. Un barbaro con unenorme accetta
gli si avventò contro. Marco alzò il gladio che assorbì limpatto e subito con un
fendente sfigurò la faccia del barbaro.
Molti legionari riuscirono ad entrare nel villaggio. Il generale si guardò ancora intorno
e non vide altro che legionari.
Si trovavano in una piazza completamente vuota a parte i corpi mutilati che ricoprivano il
terreno. Claudio gli si avvicinò per rassicurarsi delle sue condizioni quando un urlo
disumano lacerò laria. I legionari si strinsero per formare un muro con gli scudi.
Un ruggito si alzò alle spalle dei soldati. Tutti si girarono spaventati. Una decina di
barbari sanguinanti, con occhi color del sangue si stavano rialzando da terra. Altri
barbari uccisi nello scontro precedente si rialzarono. Molti legionari impauriti gettarono
le armi e si misero a correre verso il bosco da dove erano arrivati. I non
morti si gettarono sui soldati. I legionari cadevano come fossero fatti di stoffa.
Arti che volavano. Teste mozzate. Sangue che schizzava negli occhi, sul viso. Marco
Valente, davanti a quella scena, si buttò con una ferocia indescrivibile verso i barbari.
Strappò la testa dal corpo al primo barbaro che gli dava le spalle.
Parò un fendente dallalto verso il basso e con un colpo contrario gli aprì la
testa. Si gettò nella mischia mentre i suoi soldati venivano fatti a pezzi. Riuscì ad
aggirare i barbari che ora gli davano le spalle. Decapitò altri due non morti
quando una lancia gli trapassò la lorica. Un fiotto di sangue uscì dalla bocca. Cercò
di girarsi ma una lama gli trapassò una spalla. Cadde in ginocchio. Gi occhi annebbiati.
Il sangue che gli comprimeva la gola.
Un colpo daccetta lo decapitò sul posto.
Marco aprì gli occhi di scatto. Tutto sudato, respirava a fatica.
Cercò con lo sguardo Claudio ma era tutto buio.
Si tastò la spalla ferita, quando una porta si aprì facendo penetrare una lama di luce
che gli sferzò gli occhi.
Una donna si affacciò alluscio e portandosi la mano ai capelli disse: <<
Marco è ora di alzarsi, è tardi. Devi andare a scuola.>>