La stanza
puzzava, laria irrespirabile a causa di sudore e mancanza di riciclo. Quasi un mese
senza aprire la porta, la figura di un uomo sui quaranta che, china su uno scrittoio
illuminato da una lampada da tavolo, controlla i risultati delle sue ricerche, dei suoi
esperimenti. Era stato lultimo mese ed era vicino alla conclusione. Si alzò e andò
ad armeggiare con alcuni strani alambicchi, accese un becco bunsen che portò subito a
temperatura il composto chimico dal colore argentato. Sembrava bollire, il composto si
agitava allinterno del contenitore di vetro. Spense il bruciatore bunsen e prese la
provetta con la sostanza argentata portandola alla luce di una lampada. Ne versò qualche
goccia su un vetrino da microscopio e la osservò a 1500 ingrandimenti.
Lo stupore era indescrivibile, allinterno del composto si agitavano minuscole
amebe grigie. Iniettò una goccia di catalizzatore e vide al microscopio
leffetto: le amebe si disponevano in strutture ben precise attorno alle
molecole del catalizzatore. In pochi attimi, quello che dentro al vetrino da microscopio
era una goccia di liquido, si trasformò in un grumo di metallo cristallizzato in una
forma geometrica perfetta. Il vetrino andò in frantumi e presentò una piccola formazione
cristallina di pochi millimetri di grandezza.
Lo scienziato calcolò la durezza secondo le scale di classificazione e constatò un 10:
la durezza del diamante! Leuforia lo pervase e tentò lesperimento una seconda
volta, doveva verificarne la riproducibilità in laboratorio. Prese quanto rimaneva del
liquido e con esso caricò una siringa. Il composto non avrebbe avuto solo una goccia di
catalizzatore ma litri! Appoggiò lago sulla giugulare e spinse con forza lo
stantuffo. Poteva percepire le amebe che guizzavano dentro al suo corpo, poi
il primo battito di cuore dopo liniezione pompò le amebe fino
allultimo remoto capillare. Un caldo insopportabile cominciò a pervadere il corpo
dello scienziato, poteva sentire le amebe che imprigionavano i globuli rossi,
che modificavano e riscrivevano il suo DNA. Le sentiva addirittura nel suo cervello,
stavano impadronendosi del suo corpo fino allultima cellula.
Il colore della sua pelle stava cambiando in un argentato lucido, sentiva
unelasticità inusuale e insieme una forza bruta incontrollabile. I suoi denti erano
acciaio e i suoi occhi due sfere grigie. Si avventò sulla porta e con un unico pugno la
sfondò. La belva uscì allaria aperta, il suo grido non aveva niente di umano...