Odiava
farlo. Donare un suo gioco a un altro bambino.
Era anche il giorno del suo compleanno. Perché avrebbe dovuto regalare qualcosa? Era lui
che doveva ricevere i regali.
Quella stupida maestra gli aveva rovinato il compleanno. Ma quando sarebbe arrivato suo
padre a prenderlo, nel parco che la loro famiglia aveva donato al comune, gli avrebbe
raccontato tutto, e lui avrebbe fatto licenziare quella maestra. Brutta strega. Cosa
importava a lei di quel bambino cencioso? Tutto perché aveva raccontato ai suoi compagni
di classe che cosa gli avevano regalato per il suo compleanno. Aveva raccontato della
macchina, simile a un'auto vera, il primo modello lanciato sul mercato, e del campo da
tennis che suo padre gli aveva fatto costruire, e dei soldatini che aveva ricevuto, e di
tutti i giocattoli che aveva a casa.
E quella stupida maestra si era permessa di dirgli di regalare il suo vecchio pupazzo a
quel bambino. Solo perché era povero.
Eccolo lì, con il mio pupazzo. Chissà cosa starà pensando.
Il bambino povero stava ammirando il pupazzo che gli aveva regalato il suo nuovo amico.
Era bellissimo. Non aveva mai avuto un giocattolo. Ogni tanto si sentiva male per questo.
Ma poi sua mamma gli diceva che lui era speciale, che aveva qualcosa che nessun altro
aveva. E allora era contento. Si era sentito in dovere di fare anche lui un regalo al suo
nuovo amico. Anche se sua madre e i dottori gli avevano detto di non farlo mai, lui aveva
disubbidito. Aveva voluto donare al suo compagno di classe l'unica cosa che aveva, quello
che lo rendeva così speciale, come diceva la sua mamma.
Si era punto un dito e aveva lasciato cadere una goccia di sangue nel bicchiere del
bambino ricco.
Ecco, pensò, così sarai anche tu speciale come me.