Era una
bella giornata di sole, gli uccelli volavano alti nel cielo e la vegetazione aveva uno
splendido verde. Era una tipica giornata primaverile.
Era domenica ed io avevo finito i miei compiti, mia mamma era indaffarata con i lavori
domestici e mio padre era andato a trovare degli amici per giocare a carte; non sapevo
come passare le giornata. Decisi così di andare a trovare anchio degli amici e di
andare con loro al manicomio di Collegno.
Il manicomio è anche chiamato parco della chiesa, su questo parco vi
sono varie leggende macabre, si dice che i pazzi venivano torturati, massacrati e uccisi
nel sonno dagli stessi medici, e che ora le loro anime vagano senza pace tra le mura del
parco, ve nè unaltra che narra di una ragazza di quindici anni che riuscì a
scappare dai medici, e che per disperazione si gettò dal muro più alto suicidandosi.
Personalmente non credo mai nelle leggende, ma penso che dietro ogni storiella
metropolitana ci sia un po di verità, ed è proprio per questa mia credenza che ho
deciso di andare con degli amici nel parco a fare degli esperimenti dinvocazione.
Quel giorno chiamai Mirko e Davide, e tutti insieme andammo al parco.
Ci recammo verso ledificio centrale, esso è molto grande, imponente, fatto con
mattoni vecchi e sgretolati degli inizi del 1900 e con tutte le finestre murate, eccetto
una posta al piano terra.
Sul retro vi è una piccola porticina in legno piena di lucchetti arrugginiti e semi
murata.
Con Mirko prendemmo una pietra e cominciammo a rompere le due file di mattoni messi
davanti alla porta per non farla aprire, dopo tre quarti dora buoni avevamo finito
il nostro lavoretto. Ora toccava ai lucchetti.
Con lo stesso metodo di prima spezzammo i lucchetti e finalmente, dopo enormi sforzi,
riuscimmo ad entrare.
A prima vista non cera nulla di speciale, cerano vari vetri rotti a terra,
mattoni, sacchi e carogne di topi, o di cane.
Lodore era molto acre, sapeva di umidità e di chiuso, era insopportabile.
Decidemmo di andare ad esplorare tutti e quattro i piani, il piano terra era in uno stato
pietoso, il piano superiore era decisamente migliore, le uniche cose che cerano
erano lettini dospedale in metallo e varie camicie di forza sparse per i corridoi,
molto probabilmente eravamo entrati nella sala dove rinchiudevano i malati di mente.
Tutti e tre i piani superiori erano uguali al primo, lunica differenza stava nel
quarto, esso era più piccolo rispetto agli altri, e aveva una stanza alla fine del
corridoio che gli altri piani non possedevano. Decidemmo di andare a vedere di cosa si
trattava, e scoprimmo che lì si svolgevano riti satanici, sui muri vi erano pentacoli
rivoltati, a terra vi era una stella con un caprone disegnato allinterno, agli
angoli delle pareti vi erano resti di cera, e un po imboscato dallombra
cera un libro con una copertina in pelle nera. Stabilimmo di aprilo, e al suo
interno leggemmo varie formule di invocazione.
La cosa non ci stupì moltissimo, dato che eravamo appassionati di
magia, ma certamente ci chiedemmo che cosa ci facesse un libro di magia, in una stanzetta
di un edificio abbandonato e inagibile.
Chiunque possedesse quel libro non poteva venire qui a praticare, perché è impossibile
entrare visto che la porta dentrata è semi murata!
Leggendo la data del libro scoprimmo che era del 1920, ventanni dopo
linaugurazione dellospedale psichiatrico, e quindi quel libro apparteneva o ad
un malato, o ad un medico, se non addirittura ad una setta di medici.
La parola: sacrifici umani, ci balzò nella mente, e cominciammo ad
avere paura, iniziammo a sospettare che in quel luogo si svolgessero sacrifici.
Presi dalla paura cominciammo a correre giù dalle scale per raggiungere luscita, ma
non riuscimmo a raggiungere il secondo piano a causa di un crollo di una parete. Ora
eravamo bloccati in quel luogo macabro.
Dopo unora circa sentimmo dei rumori provenire dal quarto piano, allinizio
pensammo fossero topi, ma poi cominciarono a parlare, solo allora capimmo che eravamo
fregati.
Due individui col camice bianco camminavano nella nostra direzione,
avevamo una paura indescrivibile, i medici ci passarono vicino ma non ci notarono, dopo
poco si creò un via vai di infermieri, andavano tutti su e giù per i corridoi, per le
scale, per tutto quello che era agibile, come se lospedale avesse misteriosamente
preso vita.
Riuscii a muovermi e andai in una sala, vidi il mio corpo laceralo e sfondato su un
lettino e quello dei miei amici ancora a terra schiacciato dalla parete, capii che ormai
loro erano i vivi, noi non lo eravamo più da unora.