Ecco come
doveva passare in quel punto: veloce, sicuro, senza fermarsi ma soprattutto senza guardare
indietro.
Doveva entrare in ufficio e anche in fretta ma passare di lì senza aver paura era una
cosa del tutto impossibile. Specie se c'era quel coso lì fermo che lo guardava.
Era un uomo ormai. Era adulto ed anche ben messo. Aver paura di quella cosa era del tutto
ridicolo; se lo avessero saputo i suoi colleghi...
Tremava. Gli batteva forte il cuore. Strinse con forza la ventiquattrore di pelle al
petto. Il corridoio era lungo e immerso nella semi oscurità. La porta del suo ufficio era
alla fine di quel tetro passaggio. Aveva la bocca asciutta e pensò fra sé per darsi
coraggio: "E' solo una statua di gesso colorata. Non può farmi nulla. E' innocua
perché finta. E' solo un cane di gesso. Un cane di gesso seduto sulle zampe posteriori.
Anche brutto. Non può farmi alcun male".
Respirò profondamente e cominciò a camminare lungo il corridoio. Superò la prima porta
e arrivò a soli tre metri dal cane di gesso. Tutte le sue certezze cedevano e
svanivano... il panico cominciava a diventare più grande e aumentava, aumentava, come
aumentavano i battiti cardiaci. Trattenne il fiato. Accelerò il passo e appena superò la
statua rallentò e tirò un sospiro di sollievo. Affiorò un sorriso sulle sue labbra e
mentre cercò di avanzare di nuovo lo sentì.
Il cane stava ringhiando. Fu colto di nuovo dal panico. Ma appena mosse i primi due passi
il cane ringhiò più forte.
Strinse gli occhi con forza. Era terrorizzato. Tremava e respirava velocemente. Gli veniva
da piangere. Fece per correre e sentì le fauci della bestia azzannargli il polpaccio
destro.
Cacciò un urlo e corse ancora più velocemente, spalancò la porta e cadde rovinosamente
a terra, urlando e scalciando, agitandosi e indietreggiando sul sedere fino alla sua
scrivania. Tutti i suoi colleghi si spaventarono e si erano alzati dalle loro postazioni
accorrendo, dopo un comprensibile momento di smarrimento, il collega a terra, ancora
tremante e ansante.
"Ma che ti è preso?" "Che c'è? Stai bene?"
Indicando con il dito il corridoio balbettò: " Il... c... cane... mi... mi... mi ha
morsooohoh... oddio... oddio... oh..."
Piangeva. I colleghi dell' uomo si guardarono negli occhi, sorpresi e divertiti,
iniziarono a ridere. Lo beffeggiarono e il più vecchio di loro andò verso il corridoio.
"UHUUU... il cane assas... oh mio dio..."
Si ammutolì. Indietreggiò... il cane era sulla porta nella sua consueta posa plastica,
lo smalto riluccicante alla luce del neon. Gli occhi finti. Fermo. Che guardava proprio
l'uomo a terra. E in bocca, fra i denti di gesso, la stoffa del pantalone dell'uomo
intrisa di sangue.