Mi piace
molto disegnare. Di solito uso il carboncino. Faccio volti di persone. In genere, madri
che tengono in braccio dei bambini. Non mi era mai capitato di usare la tecnica
dell'affresco, però. Su una parete di casa, poi. Ma lo faccio volentieri. Mi sento
davvero ispirata. Perché - dovete sapere - che, quando disegno, io perdo il senso della
realtà. Va a finire che non so più nemmeno dove mi trovo. E' una liberazione, in un
certo senso. Dimentico il mondo, che non mi piace per niente.
Ci sono tanti sistemi per dimenticarsi del mondo, dei genitori, dei professori, degli
altri che ti stanno addosso con quell'aria supponente, che vogliono dirti dove sta la
verità. Come se lo sapessero. Ma non sanno nulla. Loro. Sono solo ipocriti. E allora mi
capita che mi ubriachi, che mi impasticchi. Che cerchi di dimenticare il mio
"io" ingombrante e paranoico nelle note assordanti di qualche discoteca. Facendo
l'amore con Omar, che non mi piace, che non amo, che mi fa schifo, ma che riesce a far
diventare il mio corpo la cosa più oscena, più indecente e più volgare che io possieda.
Carne da far tremare di piacere, da sfregare, da consumare, da lacerare... Quasi, carne da
macello. Calpestando ogni mia residua dignità. E il miracolo allora si compie. In tutti
questi casi, io sono altro da me.
Prendo le distanze, mi guardo dal di fuori e mi accorgo
di essere come gli altri. Peggio degli altri. Non più degna di pietà, di rispetto, di
speranza. Non so se è quello che voglio realmente ma è ciò che mi capita. Anche quando
disegno mi dimentico del mio "io". Ma la cosa è diversa. Molto diversa. Mi
accorgo che il mio "io" è dietro quelle forme che tratteggio, dietro quei volti
che cerco di rendere in profondità con chiaroscuri leggeri. Quegli occhi spalancati,
smarriti, alla ricerca di una dolcezza impossibile, quelle mani che avvolgono, che
proteggono.
Sto usando un solo colore. Il rosso. Ma il disegno sta riuscendo bene lo stesso: una mamma
culla il suo bambino sulle ginocchia. Il viso del bimbo è rivolto verso di lei. I suoi
occhi sono aperti, fiduciosi. E lei lo guarda con tenerezza.
Ma c'è qualcosa che non va!
Non riesco proprio ad atteggiarle le labbra a questo sentimento di tenerezza. Provo
rabbia, impotenza. Non ce la faccio proprio. Mi tremano le mani. Ecco! Ho tracciato uno
sgorbio! Povera me! Piango e smetto di disegnare. Mi lascio cadere a terra e guardo con
tristezza la parete di fronte. Sulle labbra della madre ora c'è un'orribile striscia di
colore rosso che cola, goccia a goccia, verso il basso. Ho rovinato l'intero affresco. Ho
rovinato tutto! E le lacrime che scendono dagli occhi bagnano le mie mani sporche...
"... Alle forze dell'ordine che per prime sono entrate in casa, si è presentato uno spettacolo allucinante. La ragazza, in stato confusionale, era accanto al corpo della madre che giaceva in un lago di sangue, assassinata da un impressionante numero di coltellate. Sulla parete, la ragazza aveva tracciato con le mani strani segni, usando il sangue materno. Qualcuno, addirittura, pensa si tratti di un disegno...".