Per i rari
e frettolosi viandanti, piccoli commercianti o contadini, che con i loro camioncini si
trovano a dover passare davanti alla fattoria La Maruchelle, nelle campagne di Saint
Faizent, nel nord della Francia, non c'è nemmeno il tempo di dare un'occhiata a quel
casamento triste e lugubre nell'aspetto esteriore.
I loro affari permettono forse di vedere il portale, di legno sbrecciato, che resiste
ancora alle intemperie ed ai venti della pianura. E forse qualcuno, più osservatore e
meno concentrato degli altri nelle proprie faccende, riuscirà anche a vedere la pompa
dell'acqua arrugginita, o il selciato in più punti divelto, o i muri scrostati del piano
terreno, sul quale i bambini si erano divertiti a disegnare pupazzetti impossibili, o
frasi senza significato.
Nessuno, però, se non vi è proprio attratto per un caso fortuito, riesce ad alzare gli
occhi fino al primo piano, fino alle finestre consunte dal tempo. Là, lo sguardo si
fisserebbe attonito e sbigottito, inchiodato come quelle assi messe in croce che sbarrano
in qualche modo gli occhi stanchi e tristi delle finestre inutili. Perchè, si
chiederebbero forse i più curiosi, hanno sbarrato quelle finestre? Cosa è successo
dunque là dentro per proibirne l'ingresso a tutti? Forse qualche grave pestilenza,
qualche morbo infettivo che potrebbe contagiare la. popolazione dell'intera zona?
No, a La Maruchelle c'erano le streghe. Anzi, quella che conosciamo noi era una strega,
una sola donna spiritata e malefica. Ma sufficiente per mandare in rovina una famiglia e
per consigliare i contadini a girare al largo da quel luogo sinistro.
Pensate, da quattordici anni nessuno é più entrato in quella fattoria. Le poche donne
che vi passano davanti, si inginocchiano e si fanno il segno della croce per cacciare il
diavolo, o forse per farsi coraggio. Gli uomini, che fingono noncuranza e che si
professano assolutamente allergici alla superstizione, trovano però il modo, non visti,
di volgere gli occhi altrove e di tentare un segno cabalistico, un qualcosa che possa
sconfiggere il malocchio.
Il malocchio. Quanti sono in Francia quelli che ancora oggi credono nelle funzioni
espiatorie, nelle magie portentose delle vecchie bacucche, nei filtri che esse propinano
ai loro creduli clienti, i quali pretendono, dopo essersi sottoposti a questi riti
inutili, di sentirsi cambiati internamente e di avere cacciato il diavolo dal corpo.
Oggi in Francia, come del resto succederà in chissà quante altre parti del mondo, si
crede ancora nelle fattucchiere, nelle streghe, nelle loro magie divinatorie, nei loro
sortilegi maledetti. E appunto per questa credulità, ci sono più vittime del necessario.
Perché, pur di compiere quei riti che vengono suggeriti dalle streghe o dai maghi, non si
esita ad uccidere, in preda a follia isterica, anche i propri simili.
Chi avesse tempo di fermarsi alla fattoria di nonno Pierre, a sette chilometri da La
Maruchelle, e volesse bere un boccale di latte appena munto, avrebbe perciò la
possibilità di sentire questa storia, affascinante e misteriosa, triste e paurosa allo
stesso tempo. La storia vera de La Maruchelle e della sua strega; così, come l'abbiamo
sentita noi, in una notte dello scorso inverno, quando ci trovammo a passare da quelle
parti maledette, dimenticate da Dio e perfino dagli uomini. Una storia che potrebbe far
accapponare la pelle ad una ragazza, ma che lascia allibiti anche gli uomini.
La stregoneria e la superstizione, piaghe inestinguibili della provincia francese, hanno
mietuto là dentro altre due vittime, due innocenti vittime, di nulla colpevoli se non di
essersi ribellate ai voleri di una poveretta invasata, posseduta dal demonio e accecata
dalle sue stolte credenze.
A La Maruchelle abitava la famiglia Guillemaux, composta dal capo famiglia, il vecchio e
malandato Guilleme, da sua moglie Ida, una donna che ha lavorato tutta una vita per tirar
grandi i due figli, Henriette, la figlia maggiore, stregata e « fatturata », il marito
di lei, Robert, un contadino forte e ignorante, il quale stava a contemplare, tutte le
sere, la sua donna che faceva il gioco delle carte o si metteva davanti a delle immagini
strane, quelle che avrebbero dovuto cacciare il demonio da quella casa. C'era poi il
fratello minore di Henriette, Paul di diciotto anni, un ragazzotto di campagna perché
aveva ancora la mentalità di un bambino, e si divertiva a giocare coi pezzetti di carta
quando, la sera, tutti si ritiravano nelle proprie case, davanti al fuoco, a dire le
orazioni o a raccontarsi le storie dell'epoca.
La guerra era passata anche da quelle abbandonate contrade, ma non si era fermata. E non
aveva portato distruzione e rovine. Forse è stato un male, perchè quella povera gente
non ha avuto modo di capire che la vita, purtroppo, è diversa da quella che conducono
loro, chiusa, introversa, fin troppo claustrale. Ma Henriette, la figlia squalificata e
demente, aveva portato sui congiunti il dominio delle sue credenze, e non ammetteva che
qualcuno osasse ribellarsi ai suoi voleri.
Ogni tanto, quando il tempo si presentava piuttosto clemente e le serate si allungavano
col tepore della primavera e col caldo afoso dell'estate, veniva a far visita a questa
povera gente un vecchio analfabeta, un certo Francois Perriel, che nel circondario aveva
fama di mago e di guaritore.
Henriette, quando il suo cervello non si appannava nelle elucubrazioni violente delle sue
credenze, quando non si lasciava prendere la mano dalle stregonerie che albergavano nel
suo forte corpo, era una grande lavoratrice. Lei andava nei campi con gli uomini, lei
portava le fascine di legna fin sotto il portico, lei guidava i cavalli nel trasporto del
raccolto o i buoi nel tracciare il solco fecondo. Ma aveva il difetto di essere
tremendamente superstiziosa. Ogni evento della giornata, bello o brutto che fosse, ogni
fatto che poteva accadere nel suo lavoro quotidiano, per lei era legato alla fortuna od al
malocchio. Non c'era via di scampo. Tutto quello che succedeva alla fattoria, secondo la
sua scarsa intelligenza, era frutto del bene o del male, a seconda che portasse piacere o
disperazione.
Non aveva mai avuto tempo per pensare all'amore; forse era diventata donna senza
accorgersi. Soltanto Robert, il marito, l'aveva vista ed aveva voluto sposarla, così,
senza nemmeno volerle bene. Era un giovane solo, senza famiglia, e per lui era stata una
fortuna conoscere Henriette.
Però, mentre prima le cose andavano abbastanza bene, e si viveva, a La Maruchelle,
discretamente, ora i tempi erano cambiati. I raccolti si erano fatti sempre più magri,
per colpa della pioggia che non voleva saperne di irrorare quelle terre secche e aride,
gli animali deperivano a vista d'occhio, perché il fieno non era più tanto buono come
prima e la paglia, a lungo andare, faceva male. Anche la vigna aveva cominciato a dar uva
scarsa e con poca gradazione, e i vitelli, quelli che riuscivano a nascere vivi,
sembravano scheletriti e non fiorivano come si sarebbe voluto. C'era insomma tutta una
situazione di miseria e di disperazione. E in quella situazione, Henriette dominava la
scena, con le sue credenze.
Un giorno la donna, convinta di trovarsi di fronte ad una maledizione, chissà da chi
scagliata, decise di far venire il vecchio guaritore e l'implorò di liberare la casa e
tutta la famiglia dal malocchio. Anzi, ella fece il nome di una vicina, una donna di mezza
età che abitava a qualche centinaio di metri, in una stamberga, colpevole, secondo lei,
di avere imposto sul podere dei Guillemaux, una «fattura».
Il vecchio si fece raccontare minuziosamente i fatti da Henriette, dimostrando, durante il
racconto, di concentrarsi in atteggiamenti spiritati; quindi, allorchè seppe tutta la
storia che travagliava Henriette ed i suoi cari, trasse da una bisaccia lurida e sporca un
barattolo, nel quale egli aveva nascosto ben 14 doni di Dio.
«In questo barattolo - disse poi con aria tronfia e con occhi sbarrati - troverai una
specie di sale rosso. Sarà la tua salvezza, o donna, perché quando avrai bisogno di
scacciare il malocchio, non avrai a far altro che distenderlo sulla tavola della cucina, e
leccarlo tre volte, dicendo le parole che ti insegnerò. Procura che tutti gli altri
membri della tua famiglia seguano il tuo esempio, e vedrai che il demonio sarà
allontanato per sempre da queste contrade, e tornerete a vivere come prima, con la
benedizione di Dio e senza le prospettive di una terribile carestia, come quella che si
sta delineando per voi».
Queste parole, furono come il Vangelo per la povera e ignorante Henriette. Quando il
vecchio se ne fu andato, coi suoi stracci e con le sue credenze, ella apparve contenta.
Finalmente avrebbe potuto combattere ad armi pari col diavolo, finalmente avrebbe potuto
vendicarsi sulle manovre della vicina, l'unica colpevole di tutte le sciagure che si
andavano accumulando in quella casa.
La mattina seguente, quando il sole non era ancora comparso all'orizzonte, e la terra
stentava a prendere il suo aspetto naturale, Henriette era già nella stalla per mungere
le poche mucche che erano rimaste, e che davano un latte piuttosto scarso. Quando
Henriette ebbe finito il suo lavoro, e si attardò a guardare il secchio del latte che
aveva messo vicino alla porta della stalla, trasalì e si addossò sbigottita alle pareti.
Nel secchio le era apparso il viso sogghignante della vicina di casa, di colei che aveva
scagliato la maledizione su La Maruchelle ed i suoi abitanti. Henriette, al colmo
dell'ira, diede un calcio al secchio, e il latte si sparse sul letame e sulla paglia,
compiendo uno strano miscuglio. In preda a grande nervosismo, Henriette si avvicinò al
vitellino che era nato tre giorni avanti, per vedere se tutto era in ordine. Sembrava
dormisse, invece era morto. Henriette cacciò un urlo, uscì dalla stalla come una
forsennata, e, con quanto fiato aveva in gola, si mise a gridare:
«Il demonio, il demonio ha ucciso il vitellino! La casa nostra è stregata! Il sale!
Dov'è il sale?!».
Come una forsennata piombò nella sua fredda camera, ove il marito e il figlioletto di
quattro anni stavano ancora dormendo. Si avvicinò al cassettone e ne trasse il barattolo
che il vecchio mago le aveva consegnato qualche giorno addietro. Guardò quel barattolo
con gli occhi sbarrati e se lo strinse al petto, come fosse la sua unica arma di salvezza.
Poi obbligò tutti a vestirsi, e li fece scendere in fretta e furia. Bisognava far presto,
non c'era tempo da perdere, altrimenti il demonio avrebbe compiuto qualche altro misfatto.
Quando tutti furono presenti, Henriette cominciò le sue strane litanie, a base di parole
incomprensibili e senza senso. Aveva un aspetto truce quella donna, sembrava veramente
posseduta dal demonio.
Gli altri, il padre Guilleme, la madre Ida, il fratello Paul assistevano sbigottiti a quel
rito pagano, senza osare minimamente di intervenire presso Henriette, dissuadendola dal
compiere simili profanazioni.
Pian piano, però, con una macabra regia, Henriette riuscì a convincere i familiari della
validità di quella strana formula e del magico potere di quel sale rosso che giaceva,
sparso, sul tavolo bianco della vecchia cucina. Anch'essi, spinti all'orgasmo dai segni
cabalistici della donna, si sentivano convincere, anche se ceravano di nascondere questa
loro debolezza lasciandosi scappare, di tanto in tanto, un risolino nascosto.
Soltanto uno, forse il più intelligente della famiglia, rimaneva scettico e dubbioso
davanti a quella messa in scena, e seguiva con riluttanza le istruzioni della donna: era
Marcel, il fratello minore, il giovane che si divertiva a giocare coi pezzetti di carta,
malgrado fosse alla vigilia di partire per il soldato. Quando Henriette, con gli occhi
dilatati e l'iride gonfia, ordinò a tutti di leccare quel sale tre volte, Marcel sorrise
di nuovo e si rifiutò.
«Tu sei d'accordo con quella vecchia strega - urlò Henriette dando in smanie - ci vuoi
rovinare tutti, ma te lo farò leccare io quel sale!».
Così dicendo, si avvicinò al ragazzo e gli chinò la testa fino al piano del tavolo per
fargli toccare il sale con la bocca. Al contatto col sale, Marcel si alzò di scatto e
sputò per terra, e fu appunto quello sputo che nel cervello di Henriette risuonava
soltanto come un affronto e come una bestemmia da lavare immediatamente, per non fare il
gioco del diavolo, a provocare la tragedia.
Come invasata, come posseduta da uno spirito malefico di inaudita violenza, Henriette si
appressò al fratello minore, gli prese la testa con ambedue le mani e, con la forza della
disperazione riuscì ad abbassarla fino a quel sale ignobile. Ella lo costrinse a premere
le labbra sul sale, sempre più forte, sempre più forte. Le sue mani erano diventate come
tenaglie, il suo aspetto andava assumendo sempre più una contrattura muscolosa che faceva
spavento. In quelle terribili mani era tutta la forza della disperazione di una donna che
credeva nel valore assoluto dei maghi e delle streghe, e che voleva ad ogni costo compiere
il rito di stregoneria che avrebbe scacciato dalla sua casa il malocchio.
Marcel boccheggiava, sotto la spinta di quella morsa tremenda, e lottava disperatamente
per allontanare la bocca ed il naso dal piano del tavolo che stava per tramutarsi nel suo
giustiziere. Ma Henriette aveva una forza tremenda, i suoi muscoli erano quelli di un
uomo, la sua forza era decuplicata dall'esaltazione mentale e psichica. Si udì come un
rantolo, come un grido di disperazione. Marcel tentò ancora una volta di buttarsi
all'indietro, poi perse ogni forza. Henriette non accennò ancora a lasciare il collo del
poveretto, e si ritrasse soltanto quando il giovane, privo di vita, si afflosciò sul
pavimento.
Davanti ai familiari, attoniti e sbigottiti, stava il cadavere di un ragazzo di diciotto
anni, ucciso perché si ribellava agli strani riti di una sorella demente e forsennata.
Henriette, invece, aveva allangolo della bocca il sorriso protervo degli infatuati,
dei posseduti dalla superstizione e dalla credulità.
La verità venne a galla ben presto, anche perchè Henriette non fece nulla per
nasconderla. E del resto l'autopsia del cadavere del fratello parlava assai chiaro: morte
per strangolamento. Da quel momento, la popolazione della zona cominciò a girare al largo
da La Maruchelle, la fattoria maledetta, nella quale, annichilita dal dolore e annientata
dalla disperazione, la vecchia madre giaceva, incapace di rendersi conto della fine
pietosa di suo figlio, e della pazzia stregata della figlia maggiore.
Al momento dell'arresto, Henriette non seppe dir altro che una frase: <L'avevo sempre
detto che su noi c'era il malocchio. C'era il diavolo in casa nostra, un diavolo cattivo e
ribelle che ci avrebbe rovinato. Dio ha voluto che, quel mattino, il diavolo si fosse
impossessato del mio corpo, spingendomi a compiere un delitto inutile. Forse, però, ora
ci siamo liberati dal malocchio, e La Maruchelle potrà tornare ad essere quella di una
volta. La carestia è finita per sempre, gli spiriti cattivi sono stati debellati. Mi
spiace per mio fratello, ma non c'era nient'altro da fare!».
Non erano ancora finite le vicissitudini della famiglia Guillemaux. Quel morto, che
avrebbe dovuto rasserenare l'ambiente e portare rinnovata felicità nella famiglia
disperata, era soltanto l'inizio. La vecchia Ida, qualche giorno prima di essere chiamata
in tribunale per testimoniare contro la propria figlia e contribuire quindi a farla
condannare, si è uccisa.
Aveva lasciato la vecchia casa di campagna e si era trasferita presso un cugino, per
dimenticare, se possibile, la triste tragedia.
Ma i giorni passavano, e nel suo cuore si andava accumulando una disperazione intensa e
misera. Il suo pensiero era fisso sul povero figlio, vittima inconscia e inconsapevole di
una sorella deviata. Non ha saputo resistere al dolore, ed ha preferito andarsene per
sempre, per essere vicina al ragazzo che non aveva saputo difendere da vivo.
Così, in tribunale, Henriette non si è trovata contro la madre, e i giudici, in
considerazione del difettoso cervello della donna, e giudicando che avesse agito in un
momento di seminfermità mentale, lhanno condannata a soli cinque anni di carcere,
ed a tre anni di vigilanza in un istituto di cura mentale.
Così si è conclusa la tragedia de La Maruchelle, la fattoria sperduta nelle campagne del
nord della Francia, ove passano soltanto frettolosi commercianti e qualche contadino che
va in città, al mercato, per vendere i prodotti della terra. Ora, basta dare un'occhiata
alla vecchia costruzione, per capire che è stata definitivamente abbandonata dagli
uomini. La famiglia Guillemaux è fuggita da quella casa di dolore, e qualcuno si è
avvicinato per acquistarla. Ma quando è venuto a conoscenza dei fatti che si sono svolti
in quel mattino di quattordici anni addietro, ha lasciato le trattative.
Ora la casa è stata chiusa, sprangata, le finestre sono state bloccate con assi
incrociate e il vecchio portone, ammuffito e consunto, è stato sbarrato
dallinterno. I vicini, i coloni della zona, non vogliono che il diavolo, annidatosi
là dentro parecchi anni addietro, ne possa ancora uscire per fare del male altrove.
La stregoneria è ancora viva in Francia, e trova i suoi aderenti proprio nelle
popolazioni isolate delle campagne, ove la civiltà stenta a farsi strada. Questa è la
storia di Henriette, una giovane donna forte come un uomo, che ha ucciso inconsciamente,
posseduta dal demonio.
Racconti rari dell'orrore scelti da Sergio Bissoli. Apparso su Terrore Sansoni n. 2 Luglio 1962. Questo racconto contiene una atmosfera cupa che immerge la campagna al nord della Francia, in un clima di morbose suggestioni.