La
stanchezza fa brutti scherzi. Al primo velo di notte, tra riflessi e neon sbiaditi, ho
colto negli occhi di un distinto signore uno sfolgorio dintenso rubino. Lo incontro
spesso alla fermata, suppongo lavori allo studio Bramanti. Tossisce, si volta e guarda
lora nel cerchio bianco sopra di sè. Lautobus è in ritardo.
Tra le colonne del portico una donna grassa e sua figlia. La bambina si gratta
energicamente una crosta sulla guancia. Continua a scavare, fino ad affondare le unghie
nella carne. Un rivolo frettoloso corre giù nella camicetta, mentre lei comincia a
grattarsi il collo. Sua madre è distante qualche metro, trema, è scossa da conati.
Una coppia di cinesi vicino a me è intenta ad osservare un rospo morto sul marciapiede,
lo fanno rotolare a pedate, ridacchiando.
Mi allontano dalla fermata, cammino lungo i platani del freddo viale. Dai giardini in
ombra giunge un rumore sommesso, regolare, basso. Come un lento masticare. Accelero il
passo, per strada ci sono poche auto. Nei pressi dellArco cè stato un
incidente, due uomini controllano i danni alle vetture.
Il rumore nei giardini aumenta. Osservo i due automobilisti dellincidente che si
stanno azzuffando, mentre lautobus mi supera. Lo inseguo fino alla pensilina,
rallentato da improvvisi colpi di tosse. Salendo ritrovo le persone in attesa alla
fermata. La bambina pallida piange, tiene un fazzoletto premuto sulla guancia.
Cerco un posto sul fondo dellautobus, ho voglia di arrivare a casa. Mi fermo ad
obliterare. La testa della timbratrice è inclinata. Quando fuoriesce, il biglietto è
coperto di inchiostro nero coagulato. Sorpreso, lo sollevo per controllare quando
intravedo la nuca della bambina. Tra i capelli castani a baschetto, due vividi occhi
rossi. Alzo le braccia e le mani per coprire quello sguardo feroce. Non riconosco le mie
dita, divenute adunche, ossute, coperte di setole.