Fame

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2004 - edizione 3

La creatura in agguato osservava la sua preda. Tutti i suoi sensi erano tesi e all’erta, pronti allo scatto finale sulla vittima inerme. Il cacciatore già pregustava il sapore caldo del suo pasto, la fame che si placava morso dopo morso, finalmente dopo una così lunga attesa.
La creatura sapeva di essere stata molto fortunata. Aveva percorso distanze smisurate senza trovare nulla che potesse saziare il suo appetito, soltanto il vuoto intorno a sé. Poi quasi per caso era capitata in mezzo a questo bottino inaspettato. Un branco di nove prede, placide e ignare, che si muovevano pigramente le une tra le altre, godendosi il calore del sole.
La creatura sapeva che un simile pascolo le sarebbe bastato a lungo.

Non per sempre, ovviamente, ma comunque a sufficienza da crescere ancora, soddisfacendo la sua fame infinita, a sufficienza da darle la forza necessaria per intraprendere un’altra migrazione in cerca di nuove vittime.
Ecco, il momento era vicino. I muscoli frementi sul liscio corpo nero, la creatura si preparò allo scatto che l’avrebbe portata addosso al suo primo pasto designato. Ancora un attimo, mentre la sua rossa vittima si muoveva senza cambiare velocità dritta verso il cacciatore... e poi, in un baluginio di fauci, la creatura fu sulla preda, nera come la morte, mascelle scure serrate su membra rosse. In breve la vittima fu fagocitata, intera.

 

A 60 milioni di chilometri di distanza, nel Keck Observatory situato alle Hawaii, un astronomo si strofinò gli occhi, fissò lo schermo collegato al radiotelescopio, poi si tolse gli occhiali e li pulì con attenzione. Infine guardò di nuovo lo schermo.
“Dev’essere uno scherzo.” Pensò.
Marte era appena scomparso.

Alessandro Casoli