Freddo che
diventa gelo. Un varco che si apre nella mia testa. Gocciolano di sangue e vomito le
pareti della mia mente. Provo ad aprire le palpebre. Difficile. Cominciano ad irrigidirsi,
brinate dalleffetto del congelatore.
Riesco a spaccare i diaframmi di ghiaccio che occludono i miei occhi. Sono imprigionato
sotto una catasta di cadaveri di zombi, impilati in uno stato di gelata putredine.
Raccolgo le scheggie dei miei pensieri. Qualcuno deve aver raccolto il mio corpo
tramortito dal pavimento del liquor store.
Ricordo sogni ubriachi. Acquavite, tequila, cardamon al melograno: goccie di speranza. Da
un mondo in mano ai morti, che niente di piu merita, che questo filo di bile, che
adesso scivola dalla mia bocca.
Nella mia vita sono sempre andato al contrario. Quando, al canto degli zombi, ho visto
tutti scappare, vestiti di paura, dai corridoi di questo grande magazzino, ho capito che
negli spazi lasciati vuoti dalla folla potevo trovare un nascondiglio, per resistere un
altro pugno di giorni.
E passato del tempo. Non molto. Poi ho sentito voci di umani. Forse altre anime
disperate in cerca di un rifugio.
Se solo mi avessero lasciato alla mia solitudine. Nellatto di ripulire il
supermercato dal fetore della necrosi, devono avermi scambiato per uno di quegli zombi. E
nella cella frigorifera mi hanno rinchiuso. Maledetti.
Spingo la faccia contro il muro di ghiaccio, nellurlo che la mia gola non riesce a
spezzare. Cerco di coordinare le mie estremita. Ultimo inutile tentativo di fuggire
da questo mondo, dove la morte chiama il mio nome, alleco di un colpo di machete.
La mia testa rotola sul pavimento, distante da un corpo incastrato sotto una pila di
zombi. Elementi divisi da quel taglio che ha separato gli uni dagli altri. Per sempre.