L'ipnosi
faceva parte della terapia, ma la cosa non le dispiaceva. Anzi, aveva iniziato ad
apprezzare quella sensazione di pace che provava nel momento in cui, guidata dalla calda
voce del dottor Helmer, scivolava a ritroso lungo il filo dei suoi ricordi.
Quando il dottore terminava di contare si ritrovava puntualmente faccia a faccia con le
sue angosce, per riviverle e provare a superarle. Che si trattasse di un amore finito male
piuttosto che l'ennesimo litigio coi suoi poco importava, perché quella volta era la
fatidica goccia nel vaso (anche se a lei pareva più un mare quello in cui stava
affogando).
Mentre le parole del dottore divenivano sempre più flebili e distanti, si ritrovò a
camminare lungo un ponte immerso nella nebbia mattutina, inconsapevole di come fosse
giunta lì.
Guardò giù, verso il nulla. Dopotutto un ponte non è un luogo così alto, quando ormai
si è già precipitati dalla luna, pensò... ma per un attimo aveva sperato che qualcuno
venisse a fermarla. Nessuno lo fece.
Un istante dopo, al di là della coltre bianca, l'acqua era sempre più vicina. Poi il
mondo si trasformò in una cascata di fiori bianchi su una lucida bara nera. Percepiva la
sofferenza attorno a sè, ma questo non la feriva. Lì dentro, incurante, lei sognava.
Sognava di essere nell'unico luogo in cui negli ultimi mesi aveva conosciuto un po' di
illusorio sollievo dalle sue sofferenze, accanto all'unica persona che le aveva teso una
mano mentre lei cadeva. Quando la sua fuga dal mondo era ormai al termine.
Distesa sul lettino con gli occhi chiusi, un tiepido sorriso a rischiararle il volto,
ritrovò un po' di quella serenità ormai dimenticata e sepolta prima di lei.
Nel suo studio, il dottor Helmer trasalì. Non aveva mai visto un fantasma prima di
allora.