Gaspara
Stampa, poetessa e raffinata cortigiana, odiava il carnevale. Non sopportava il frastuono
di voci, risa e grida di quanti, in maschera, affollavano calli, campi e ponti di Venezia.
Quelleuforia collettiva, così grande e superficiale, strideva, ora più che mai,
col suo immenso dolore.
Affacciata a una bifora dellantico palazzo, osservava il sole che, declinando,
illuminava di vivi barbagli il Canal Grande, screziandone lacqua di un rosso
vermiglio.
- Ora sapete il nome della persona che dovrete eliminare - disse Gaspara Stampa mentre,
voltandosi, si allontanava dalla finestra.
Luomo era in piedi, in mezzo alla stanza, stretto in un nero tabarro, il volto
celato da una baùtta, la maschera bianca come lorribile teschio della Morte. Non
aveva ancora pronunciato una parola.
- Quale somma esigete? - domandò, subito dopo, la cortigiana.
Luomo rimase ancora in silenzio e trasse di tasca un piccolo foglio che porse alla
donna. La cifra era esorbitante, ma quel lavoro andava fatto il più presto possibile.
Gaspara prese due sacchetti pieni di ducati, che aveva riposto in uno stipo, e li
consegnò alluomo.
- Il resto a lavoro ultimato - concluse la cortigiana. - Vi aspetto la sera di martedì
grasso, verso il tramonto.
Il sicario soppesò il denaro, prima di farlo sparire tra le pieghe del tabarro. Poi si
voltò e, uscito dalla stanza, scese le scale del palazzo. Gaspara udì i suoi passi che
si allontanavano gradatamente, infine il secco rumore del portone che si chiuse alle
spalle dello sconosciuto. Si affacciò nuovamente alla finestra e sentì sulla pelle la
brezza della sera.
Sarò dannata in eterno pensò la cortigiana, ma in amore e in guerra
ogni cosa è lecita. Persino uccidere.
Seduta davanti alla toeletta con ripiano di marmo e unimponente
specchiera, Gaspara Stampa si ravviò i capelli. Limmagine che vide riflessa non le
piacque: il tempo passava per tutti. Anche sopra il suo viso aveva lasciato segni
implacabili.
Perché gli uomini dovevano essere così miopi? Perché il suo amante di un tempo, il
conte Bragadin, non riusciva a vedere, dietro la bellezza che sfioriva, il più profondo
sentimento che la pervadeva? Come aveva potuto, il conte, innamorarsi di Veronica Brai, la
quale, pur essendo la donna più bella di Venezia, era decisamente una mediocre, senza
qualità culturali come Gaspara, che oltre a comporre poesie, sapeva cantare e conversare?
Con uno gesto di rabbia scagliò a terra la fiala di essenza alla rosa che aveva ordinato
apposta dallo speziale, per un estremo tentativo di seduzione. Il vetro si infranse in
mille frammenti, disperdendosi sul pavimento. Poi Gaspara si avviò a passi decisi verso
il camino. La legna ardeva scoppiettando e il fuoco le illuminò il volto, riscaldandole
le guance.
La donna si strappò dal petto una catena doro sottile. Il pendente scintillò tra
le sue dita, catturando la luce guizzante della fiamma: era un crocefisso antico,
tempestato di granati e ametiste, lunica cosa preziosa che avesse ereditato da sua
madre. Si diceva che quel crocefisso fosse appartenuto a un cardinale e che il papa in
persona lo avesse benedetto.
Gaspara si inginocchiò, arrivando tanto vicino alle lingue di fiamma, e gettò
loggetto, sacro e prezioso, nel fuoco.
- Se non posso averlo io il conte Bragadin, non sarà di nessuna! - gridò poi, con voce
straziata, coprendosi il volto con le mani. - Rinuncio al Signore Iddio Onnipotente...
Satana, angelo caduto, solo tu puoi aiutarmi a compiere giustizia! Prenditi pure la mia
anima, purché la vendetta si compia. Linfame meretrice deve morire.
Dun tratto le finestre della stanza si spalancarono, e il vento freddo della notte,
quasi con un ululato sinistro, sferzò il viso della cortigiana che cadde a terra, priva
di sensi.
***
Di nuovo Gaspara Stampa era affacciata alla bifora dellantico
palazzo. Osservava il cielo e il mare arrossati dal sole al tramonto.
Il carnevale, finalmente, volgeva al termine.
Quella sera si era vestita come per unoccasione eccezionale. Aveva i capelli
raccolti in una elaborata acconciatura e intrecciati con fili di perle. Indossava la
collana di coralli che le aveva regalato, tempo prima, il conte Bragadin.
Appena avuta la certezza che la rivale fosse stata eliminata, si sarebbe precipitata dal
suo amato, per consolarlo della perdita e godere del piacere di averlo tutto per sé.
Vide una gondola avvicinarsi al portone del palazzo. Il sicario, sempre intabarrato e col
volto coperto, era stato ai patti: puntuale, stava per renderle conto del proprio operato.
La donna sentì nuovamente un vento gelido sferzarle il volto, e uno strano, inspiegabile
ululato.
Senza che ne avesse sentito i passi, avvertì la presenza del sicario alle sue spalle.
Gaspara si voltò. Luomo era di nuovo in mezzo alla stanza, immobile e muto.
- Allora, avete compiuto quanto avevamo stabilito? - domandò lei, il cuore palpitante nel
petto.
Il suo interlocutore, con un movimento appena percettibile del capo, assentì.
Negli occhi della donna guizzò un lampo di trionfante eccitazione, le gote si tinsero di
rosso, e le parve che tutto il suo essere riprendesse vita, come pervaso da una nuova
linfa.
Gaspara si precipitò alla toeletta dal ripiano di marmo per prendere il sacchetto con gli
ultimi ducati che aveva promesso al sicario. Si guardò nella grande specchiera con
soddisfazione: sembrava ringiovanita di anni. Fu allora che, con un brivido, si accorse
dello strano fenomeno. Riflesso nello specchio vedeva solo il suo volto e non la figura
intabarrata che pure sapeva essere alle sue spalle. Sbiancò in viso e, di scatto, si
voltò.
- Chi... sei...? - balbettò la cortigiana in un sussurro, lasciando cadere a terra il
sacchetto con i denari.
I ducati rovinarono sul marmo bianco e rosso di Verona, producendo un suono metallico
innaturale. Il sicario fece dei passi in avanti poi, con rapido gesto, si liberò della
baùtta: una cascata di capelli ramati caddero sul nero tabarro e Gaspara si trovò di
fronte Veronica Brai, con unespressione di trionfo sul volto, gli occhi grigi e
freddi, come lastre di ghiaccio.
- Come è possibile? - disse, stupita, la cortigiana, arretrando di qualche passo.
- Mia cara e ingenua Gaspara - esclamò Veronica, la voce dura, crudele. - Mai invocare
forze che non siamo in grado di controllare.
La Stampa vide lo scintillio dello stiletto nella luce ormai crepuscolare. Sopraffatta,
non riuscì né a parlare né a difendersi: sentì il freddo del metallo penetrarle nel
cuore, mentre la bocca le si riempiva di sangue.
Il volto di Veronica trasfigurò e la pelle di porcellana lasciò il posto a una cotenna
terrea, bucata da occhi rossi come le fiamme dellinferno.
Nessuno si accorse, nelleuforia degli ultimi istanti del carnevale, della gondola
che scivolava lenta presso il palazzo della poetessa e della figura misteriosa che
limbarcazione trasportava.
Stretto nel tabarro nero, lessere mostruoso, appagato dal sangue appena versato,
riprese le forme voluttuose tornando a essere Veronica, bellissima e capricciosa
cortigiana, pronta a divorare il cuore e lanima dei suoi amanti.
Il diavolo, si sa, è femmina.