Manuel
disegnava cattedrali che non aveva mai visto ma che rispettavano appieno le leggi della
prospettiva e dellarchitettura. Aveva solo quattro anni ma un talento innato che
contrastava con le sue capacità più elementari.
Lautismo laveva marchiato ma una mamma battagliera era riuscita comunque ad
inserirlo in un asilo normale, affiancandogli Marlena, una valida insegnante nonché amica
dinfanzia. Pazientemente ella lo stimolava con gli incastri, i colori e la musica ma
quando cercava dintegrarlo con la classe spostandolo dal suo banchetto, questi, come
chiamato da una forza oscura, si dirigeva lesto in centro stanza davanti ad uno specchio
quadrato dove affondava lo sguardo che, in poco tempo, diventava vitreo mentre gli arti
sirrigidivano e un tremore lo dominava.
Marlena ne percepiva il disagio ma quando cercava di smuoverlo, lui sinduriva
urlando e serrando i pugni.
Alla fine aveva preferito lasciarlo lì sperando che i bambini che spesso gli giravano
attorno in gioioso girotondo, smussassero quellincaponimento.
Ma lo specchio lo
catturava vigorosamente cancellandone i sorrisi attorno e trasformando i lucenti capelli
neri di Marco in ciocche cineree, il volto lieto in sofferenza e le guance rosate in
solchi plissettati da rughe mentre una cannula li oltrepassava.
Luca, moro e cicciotello, appariva ragazzo, disteso in un vicolo buio, con una siringa
conficcata in un braccio smilzo che ospitava, oltre ad uno stretto laccio emostatico,
numerose chiazze violacee. Laura dalle lunghe trecce era calva con grandi occhiaie scure,
consumata da un male che non lascia scampo mentre Marlena aveva i capelli nivei e il derma
stropicciato laddove saddormentava col sorriso della morte più dolce. Solo Anna era
autentica coi riccioli neri, il viso paffuto e le fossette sulle gote. Era diversa solo
nella felpa, nella gonnellina in jeans e nelle scarpe di tela, proprio come vestiva oggi
quando era arrivata accompagnata dalla mamma.